E’ di questa mattina la bocciatura del nome di Marcello Foa come Presidente della Rai, nonostante ieri abbia ottenuto la maggioranza dei voti nel CdA Rai. Lo scenario che si apre potrebbe essere facilmente ricondotto alla prassi istituzionale, che già conosce – e ha risolto – il caso di un Presidente nominato dall’organo di amministrazione ma non approvato dalla Vigilanza. Ricordiamo Monorchio, che dopo l’insuccesso rinunciò alla carica e fu sostituito con altro nome. In un alveo istituzionale così dovrebbe andare anche nel caso di Foa.
Qualora il membro del CdA Marcello Foa non dovesse lasciare l’incarico, prendendo atto dell’esito della Commissione bicamerale (un piccolo parlamentino, tuttavia con le prerogative del Parlamento che, non dimentichiamolo, ha pur sempre eletto quattro membri su 7 del nuovo CdA Rai), l’intento sarebbe quello di presiedere l’organo di amministrazione Rai quale consigliere anziano a termini di statuto sociale, in attesa che le procedure si chiariscano e si giunga all’individuazione di un nuovo nome gradito alla Vigilanza.
Tuttavia la procedura per l’individuazione di un nuovo nome, specie in mancanza d’indicazioni dell’assemblea di Rai (o comunque dell’azionista quasi totalitario) potrebbe prolungarsi, anche dopo l’estate, nel frattempo consentendo al Presidente anziano di svolgere un ruolo non più tecnico (supplire all’assenza del Rappresentante legale della società nelle more della nomina), ma funzionale (presiedere le sedute per le nomine dei Direttori di Rete e di Testata, solo per fare un esempio).
Per il profilo giuridico è da dire che la figura del Presidente anziano è meramente tecnica, non è una funzione vicaria, di fatto serve a superare impasse determinate dai tempi di nomina del nuovo Presidente, se mancante, o di riabilitazione di quello in carica, se impedito temporaneamente. Ciò significa che a termini di legge (L. n. 220/15) e di Statuto sociale i consiglieri hanno l’obbligo di procedere, fallita la nomina di Foa, alla individuazione “senza indugio” di un nuovo nome da proporre alla Vigilanza, per consentire alla nuova Governance, di assumere le funzioni previste dalla legislazione speciale, compresa una non secondaria funzione di vigilanza, controllo e indirizzo dell’Amministratore delegato (che è pur sempre, da ora, un componente del Consiglio di amministrazione).
Proprio interpretando i poteri conferiti all’organo di amministrazione dal codice civile, dallo statuto sociale e, in primis, dalla legislazione speciale che connota la Rai come società pubblica a presidio del preminente interesse generale (art. 43 Cost.) in materia di libertà e pluralismo dell’informazione e del pensiero (Art. 21 Cost.), i singoli consiglieri hanno il dovere di attivarsi, proponendo il nuovo binario da seguire, quindi la procedura per giungere all’individuazione del nome del Presidente da sottoporre alla Vigilanza.
Si potrebbe ad esempio porre in votazione una rosa ristretta di candidati, ad esempio limitata a due sulla quale successivamente esprimersi, in modo da non far coincidere la singola proposta con l’effettiva candidatura ed anche per trasmettere alla Commissione un nome al quale, pluralisticamente, sia stata offerta altra alternativa.
In ogni caso, dovesse regnare l’impasse per i tempi della politica, delle opportunità, delle convenienze, dei moniti, strumenti di sollecitazione giuridica possono sovvenire in aiuto.
Non essendo quella del Presidente anziano una funzione vicaria, un nome alternativo, specie dopo la tempestiva votazione della Commissione bicamerale, farebbe incorrere i consiglieri negligenti in una responsabilità rilevante anche sul piano giuridico.
Piano giuridico attivabile anche dai singoli consiglieri diligenti che si siano fatti parte attiva, una volta che si sia riscontrata l’inattività dell’organo di amministrazione (art. 2392 c.c.; gli amministratori devono adempiere i doveri a essi imposti dalla legge e dallo statuto e sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne le conseguenze dannose).
Ricapitolando: tre gli scenari possibili:
Il Governo, nel ruolo di azionista che detiene più del 90% delle azioni di Rai, segue la prassi istituzionale, prende atto della rinuncia di Foa, lo sostituisce indicando il nuovo per la carica di Presidente da riproporre alla Vigilanza.
Oppure, Foa non si dimette e rimane nell’incarico di consigliere, con il ruolo di Presidente anziano sino alla nomina di quello in carica. In tal caso, ragioni istituzionali e politiche potrebbero risolvere la situazione, ristabilendo equilibri alterati dalle ultime vicende e giungendo attraverso canali “diplomatici” all’individuazione di un nome di garanzia condiviso (quanto meno da due terzi della Vigilanza).
Extrema ratio, all’eventuale stallo politico istituzionale ben potrebbe supplire, come spesso accade, il piano giuridico, facendo leva sull’obbligo dei membri del CdA di proporre procedure trasparenti circa l’indicazione del candidato presidente, ferma restando la responsabilità solidale da codice civile in caso d’inerzia dell’organo di amministrazione.