Era davvero necessario utilizzare il peggior episodio avvenuto ad Ostia nell’ultimo anno, nonché una delle più brutte intimidazioni di sempre in danno di due giornalisti, per pubblicizzare il cartellone degli eventi di quell’area della capitale? Al pessimo gusto si è, probabilmente, unita l’ignoranza, nel senso letterale del termine. Appena dieci giorni fa il Tribunale di Roma, ha pubblicato le motivazioni della condanna di Roberto Spada e del suo braccio destro Nelson Del Puerto a sei anni di reclusione ciascuno per lesioni fisiche e morali provocate al giornalista Daniele Piervincenzi e all’operatore Edoardo Anselmo; la stessa sentenza ha anche riconosciuto i danni autonomi subiti dall’intera comunità dei cittadini della regione Lazio, del Comune di Roma Capitale (dunque del municipio di Ostia) e di tutti i giornalisti italiani rappresentati da Fnsi e Cnog. Ora, prendere un episodio che ha avuto come conseguenza danni di immagine e biologici così elevati è incomprensibile. Di più: un Tribunale dice che quella testata è stata espressione di protervia tale da aver danneggiato una pluralità di soggetti e le motivazioni dello stesso verdetto descrivono un clima di intimidazione fortissimo in quell’area; l’uso, a pochi giorni di distanza, della stessa vicenda come spot è paradossale, se non raccapricciante. Ma il nodo vero non è la scelta degli autori dello spot, che pure probabilmente sono residenti nel Lazio e come tali tra i “danneggiati” della testata del 7 novembre scorso. No, la questione è più grave perché legata a chi doveva controllare quello spot prima di dare il via libera e finanziarlo con soldi pubblici. Qui l’ignoranza è difficile da accettare, anche perché forse non è credibile. Si può avere il dubbio che chi ha avuto a che fare con quello spot pensi che la “testata” sia stata solo una goliardata, termine tanto in voga ultimamente.