Si chiama Federico Gervasoni, è un giovane collega di Brescia che ha scritto un ottimo reportage e uno scoop nazionale sulla rinascita di Avanguardia Nazionale nella sua città. Il reportage è stato pubblicato da La Stampa (questo il link per accedere all’articolo http://www.lastampa.it/2018/07/31/italia/vino-risate-e-saluti-romani-avanguardia-nazionale-rinasce-in-trattoria-PHlQ6uaOBStlBWtvM50NfN/premium.html) , il giornale di cui è collaboratore, il 31 luglio e subito dopo ripreso da altre testate, tra cui Il Giornale di Brescia, Bresciaoggi e La Gazzetta di Mantova. Federico a quell’articolo ci ha lavorato dieci mesi ma ha commesso un errore, ha sottovalutato gli effetti che potevano derivare dall’aver svelato il pericoloso e illegale fenomeno della ricostituzione di organizzazioni di stampo fascista. Peggio: ha lavorato così bene che si è procurato le prove. E tutto questo a partire dal 2 luglio gli è costato una sequela di insulti e minacce pesanti, nei quali, pur non essendo mai stato fatto il nome del cronista, si parla espressamente di “pennivendolo”, “uno con tendenze all’alcol, alla droga, un tossico, suicida”; è stato inoltre postato un coltello con effige del fascio. E ancora: minacce di questo tipo “due pizze te le prendi, garantito!”, “siamo pronti, basta un cenno e agiamo tutti insieme”, “gliele do io”, “ti do una mano”. E ovviamente c’è anche una politica del posto che è citata nei pezzi e che annuncia azioni legali e dice che non si lascerà intimorire da questo “penivendolo”.
“Io vado avanti nel mio lavoro, voglio fare il giornalista e continuerò a farlo, ho 27 anni e faccio questo mestiere da otto. Tutto ciò non mi fa paura ma è ovvio che in una piccola realtà di provincia qual è Brescia questo clima è pesante”, dice Federico Gervasoni.
Poi racconta della solidarietà scattata subito dopo la sua lettera-appello al Presidente della Federazione della Stampa, Giuseppe Giulietti. “Già i colleghi de La Stampa, in particolare Davide Lessi, Gianluca Oddenino e Paolo Colonnello mi avevano manifestato tutta la loro vicinanza, ora ho sentito molti altri colleghi e so di aver fatto un buon lavoro, questo solo conta”.
Come nasce questa inchiesta su Avanguardia Nazionale?
“Circa un anno fa ho letto un pezzo su Repubblica di Paolo Berizzi (autore di NazItalia e a sua volta minacciato più volte da associazioni di estrema destra ndc) sul ritorno di formazioni fasciste e in quel caso di parlava appunto di Brescia. Così mi sono messo a leggere e a indagare e ho scoperto che c’erano queste cene settimanali alle quali partecipano militanti storici del movimento neofascista sciolto nel 1976. Si incontrano ogni giovedì a Brescia e a Roma. Tra loro anche Fadini e Borromeo, arrestati nel ’73 per aver fatto saltare col tritolo la sede del PSI. Cioè pregiudicati e nuove leve. Ho raccolto prove, materiale e inviato tutto al mio giornale che ha pubblicato il pezzo”
Adesso questa storia è al vaglio della Procura di Brescia?
“Sì, ho depositato le prove delle minacce con tutta la documentazione in mio possesso”.
Che clima c’è a Brescia e dintorni? Sappiamo che quella è una città particolare che evoca i peggiori incubi sul piano della lotta politica sporca.
“Da questo punto di vista sono preoccupato. Purtroppo, a Brescia e a Miiano negli ultimi tempi i neofascisti si sono spesso distinti per azioni violente nei confronti di colleghi e non solo. Nel caso degli avanguardisti parliamo di persone che negli anni Settanta hanno avuto ruoli di rilievo nella destra eversiva italiana.
La Federazione Nazionale della Stampa, oltre al cdr de La Stampa, l’Associazione stampa Subalpina e l’Anpi di Brescia hanno espresso solidarietà a Federico Gervasoni, mentre tanti giornalisti da tutta Italia hanno annunciato di voler riprendere e approfondire il suo scoop per tenere accesi i riflettori su quella che appare una pericolosissima deriva di minacce politiche verso la professione dei cronisti, nonché sul fenomeno delle nuove destre estreme. Inoltre è stato confermato che Fnsi e Cnog chiederanno di essere parte civile nell’eventuale processo che si aprirà a carico degli autori delle minacce in danno del cronista, come è accaduto già con i giornalisti minacciati dalle mafie. La dinamica intimidatoria di questa storia è infatti perfettamente sovrapponibile alle modalità di minaccia dei cronisti di giudiziaria dei territori contaminati dalla criminalità organizzata.