Come ogni anno a fine estate la Zonker Zone, la tribù magica di Enzo Baldoni, si ritrova per una festa nei prati celesti. E c’era talmente fretta stavolta che molti hanno anticipato sui social l’anniversario al 25 agosto. Ricordi, pensieri, riflessioni, poesie. Ma non posso dimenticare quella tragica scritta su al Jazeera che la sera del 26 metteva fine al sogno di un ennesimo scherzo di quel geniale, generoso free lance che l’Ordine della Lombardia ha messo fra i martiri dell’informazione a dispetto chi lo ha diffamato e comunque sottovalutato. Quattordici anni fa. Sono tanti ma chi vive nel ricordo non è mai dimenticato e dal 2010, oltretutto, c’è anche una tomba a forma di balena su cui piangere, a Preci dov’era nato, un paesino umbro squassato da un terremoto infinito.
C’è ancora chi si interroga su quei giorni finali della sua vita terrena, in Iraq. Perché nessuno ha mai capito perché e forse neppure come. Ma proprio chi scrive ha vissuto insieme a Enzo quei giorni: lo ritengo dunque un esercizio inutile e doloroso. Piuttosto preferisco ricordare gli attestati ricevuti in questi anni senza di lui. Ho scoperto, ad esempio, che sono addirittura cinque le vie (o piazze) intitolate a Enzo Baldoni: tre in Sicilia, la terra della moglie: a Licata, Avola e Ragusa. Ma anche una piazza a Montesilvano (Pescara) e una via a Nosate (Milano), la città che lo aveva adottato.
Personalmente continuo a mandare avanti un blog che avevamo progettato insieme, come uno scherzo: due modi di vedere Baghdad [i “Blog paralleli” https://wordpress.com/view/enzobaldoni.wordpress.com ] perché noi sapevamo di essere così diversi ma anche così simili. Siamo diventati amici litigando, ma eravamo uniti dalla grande curiosità e dalla voglia di capire. Rileggendo uno dei suoi numerosi testamenti (questo me lo lasciò in un’email la sera prima di andare a Najaf) mi rendo conto di quanto sia attuale e quanto il mondo sia più povero senza di lui: “Lasciamo che siano i fatti a parlare. Il resto sono chiacchiere e politica, da cui voglio tenermi lontano.” Un principio che ho sempre condiviso, ma credo che in questo momento così difficile, anche il panzone si sarebbe schierato. Ed è illuminante l’ennesimo disegno che un grandissimo vignettista come Mauro Biani gli dedica oggi su “Il Manifesto” immaginando che fosse adesso a Catania. Come sarebbe stato ieri in Siria, o in Nigeria, o nelle campagne del caporalato, insomma dove c’è gente che ha bisogno di essere trascinata da lui.
Vi giuro che con commozione me lo rivedo adesso avanzare dinoccolato, senza paura, davanti alla nostra jeep con la bandiera della Croce Rossa a indicarci la via di fuga da quelle stradine infernali.