Non riesco ancora a capacitarmi dell’abuso della parola amplificato da un social: “L’indignazione di un uovo in faccia, c’è quanto basta per restare paralizzati mediaticamente, l’unica cosa sensazionale è stata la mira del razzista… oppure il caso. Quello che fanno i media è portare la nazione verso il baratro: non avevo mai visto con i miei occhi un così forte condizionamento prima d’ora”. Cara Daisy Osakue, ti chiedo perdono per quest’altra violenza. Sappi che sei un mio orgoglio italiano. Continua a sognare e a farci sognare. Scaglia il disco più lontano che puoi ai prossimi Europei di atletica a Berlino e porta il nostro tricolore sul gradino più alto del podio. Quel giorno sarò con te anche per declamare le parole del nostro inno italiano.
Cara Daisy, sappi che, nella denuncia ai tuoi aggressori, accanto al tuo nome c’è anche il mio nome e di tante altre persone. Vorrei la pelle nera, cara Daisy!
A proposito. Meno male che esistono i media e che crediamo ancora nella libertà di informazione, purché sia esercitata da giornalisti certificati e non da manipolatori della parola.