Artetha Luoise Franklin è morta a Detroit all’età di 76 anni. La «Queen of Soul» è cresciuta cantando e suonando il pianoforte nella chiesa battista di Detroit sotto lo sguardo attento di suo padre, pastore battista e attivista per i diritti civili
Ricordare la «Regina del Soul» Aretha Franklin non è facile. Nessuno, credo, senta l’autorevolezza per poterlo fare. Eppure desideriamo ricordarla perché è stata e sarà sempre un’icona della storia della musica; la sua voce inconfondibile, unica, ha conquistato il mondo. Con le sue canzoni e la sua espressività ha saputo indirizzare idee e tendenze musicali, sin dalla fine degli anni Cinquanta. Quella voce, calda e carica di struggente aggressività raccontava le sfumature della musica che risuonava nella città industriale di Detroit: blues, soul, jazz, rock. Sonorità che la giovane cantante seppe convogliare anche nei successivi brani di carattere pop.
Artetha Luoise Franklin è morta dopo una lunga carriera a 76 anni nella sua città, Detroit, per un tumore diagnosticato tanti anni fa; la «Regina dell’anima» era nata Memphis il 25 marzo 1942 ma divenne presto adulta. A quattordici anni era madre di due bambini avuti da due padri, cantava e suonava il pianoforte nella chiesa evangelica battista sotto gli occhi attenti del padre, Clarence LaVaughn Franklin, un pastore particolarmente attivo nella sua comunità e a livello cittadino nella quale difendeva i diritti di tutti, in particolar modo quelli civili delle comunità afroamericane. Una figura importante e carismatica dunque, sia per la piccola Aretha, sia per la popolazione nera della città nella quale la famiglia Franklin si stabilì dagli anni Cinquanta in poi.
La casa del pastore Franklin (ucciso nel 1984 con un colpo di pistola nella sua abitazione in circostanze mai chiarite, si disse come tragica conseguenza di un tentativo di furto) divenne presto meta per intellettuali, artisti e attivisti come Martin Luther King, amico di famiglia, o per per la cantante Mahalia Jackson, che per la piccola Aretha divenne nel tempo una figura femminile di riferimento sia dal punto vista affettivo, dopo la prematura perdita della madre a soli dieci anni di età, poi musicale.
Aretha è stata un’artista, si potrebbe affermare, «in missione per conto di Dio», per citare il celebre film del 1980 The blues brothers, nel quale è presente una delle più memorabili scene canore della Franklin, ripresa in pantofole e grembiule mentre con tono rabbioso intona la famosa «Think», rivolta al marito chitarrista.
Oltre al film diretto da John Landis, parentesi importante, che permise Aretha di tornare sulla scena dopo un periodo difficile, la Regina del soul seppe conquistare il mondo intero con la sua voce, le sue canzoni e le sue apparizioni dal vivo.
Celebre fu la quella del 1988, dove sostituì Luciano Pavarotti ai Grammy Awards, e nella quale regalò al pubblico presente una meravigliosa esecuzione «lirica» del Nessun dorma, brano tratto dall’Opera Turandot di Puccini regalando al pubblico, estasiato e incredulo, un’interpretazione impeccabile e carica di pathos.
Lo stile, la potenza espressiva, l’energia e la vena romantica dell’intonazione di Aretha, sono ancora oggi «musica e colonna sonora di intere generazioni». Aretha «era una stella, capace di “illuminare” con la sua presenza anche i palchi più bui e fumosi», ha ricordato il giovane fan John Amerson intervistato dall’emittente di Detroit Local 4 presso la New Bethel Baptist Church, la chiesa dove Aretha è cresciuta. «Le sue canzoni – ha proseguito Amerson –, hanno toccato diversi argomenti e soprattutto insegnato ognuno di noi ad amare e rispettare le donne come madri, zie sorelle. A livello internazionale – ha concluso –, ovunque andasse ha sempre perorato cause importanti: il rispetto tra le persone, l’uguaglianza, la parità di genere. Ha sempre dato voce alle comunità afroamericane e alle persone più vulnerabili».
Per ripercorrere l’infinita carriera di Aretha Franklin è sufficiente ascoltarne la musica, navigare in rete e esplorare il suo mondo, videoclip, apparizioni televisive e interviste, sia radiofoniche che televisive, performance live magistrali che hanno strappato tante lacrime, ad esempio quelle di Barack Obama al Kennedy Center Honors nel 2015, quando, già malata per un tumore al pancreas, in onore di Carole King, Aretha Louis Franklin eseguì la celebre You MakeMe Feel Like A Natural Woman. Allora il presidente degli Stati Uniti disse «Aretha ci offre un’idea del divino ogni volta che canta».