Domenica sera un bracciante indiano che sta tornando a casa in bici sente improvvisamente bruciare la pelle dell’addome; è stato colpito da pallini sparati da un’arma ad aria compressa ed è tutto troppo simile ad altri tre episodi avvenuti in provincia di Latina negli ultimi due mesi, oltre quindici in tutta Italia. Ma questa volta potrebbe trattarsi di qualcosa di diverso e persino di più grave del già visto episodio di razzismo e dei tiri al bersaglio contro i migranti. L’uomo ferito ha 40 anni ed è regolarmente in Italia con permesso di soggiorno per motivi di lavoro, integrato nella comunità locale come molti suoi connazionali. Sentito dai carabinieri, ha riferito di non aver mai ricevuto minacce e di non aver litigato con nessuno, men che meno con il suo datore di lavoro. Ciò nonostante qualcosa non convince e si va facendo strada una seconda pista: nell’area in cui ci sono stati gli spari da due settimane si svolgono regolari controlli contro il caporalato, ci sono stati arresti e denunce a seguito di verifiche della Questura; qui i braccianti agricoli, che per il 90% sono immigrati, quasi tutti indiani, stanno progressivamente trovando il coraggio di denunciare le condizioni di lavoro e di vita in cui sono relegati da anni.
Le segnalazioni, tutte molto dettagliate, si sono moltiplicate nell’ultimo anno e c’è stata una vera e propria impennata dopo i due terribili incidenti avvenuti in Puglia quindici giorni fa, gli stessi incidenti che hanno portato ad intensificare i controlli nelle aree in cui c’è il maggiore rischio di sfruttamento e caporalato. La zona compresa tra Sabaudia e Latina è una di queste. Dunque al momento non si può escludere che gli spari con l’arma ad aria compressa siano la “risposta” dei caporali alle denunce, un avvertimento. Che non sarebbe il primo, peraltro, in quanto negli ultimi mesi altre aggressioni si sono avute in danno di braccianti immigrati e in molti casi le vittime non hanno denunciato per timore di ulteriori ritorsioni. Ma questa volta l’uomo colpito all’addome ha chiesto l’intervento dei medici e denunciato la sequenza dei fatti.Si cerca un’utilitaria descritta dal bracciante nel colore e nella dimensione ma senza la targa, quindi potrebbero risultare utili immagini di videocamere private della zona. A confermare il crescendo di aggressioni è stato in queste ore il Presidente della comunità indiana del Lazio, Gurmukh Singh, che ha espressamente fatto riferimento a fatti simili “avvenuti nei mesi scorsi nella zona di Borgo Hermada”, ossia nel quartiere di Terracina a più alta densità di sikh, quasi tutti braccianti agricoli, moltissimi vivono lì da anni con le famiglie. I controlli della polizia e dell’Ispettorato del Lavoro di Latina potrebbero aver rotto un equilibrio granitico che mette insieme lo sfruttamento del lavoro nero, alcune imprese del settore e la malavita organizzata che lucra sul commercio all’ingrosso dei prodotti ortofrutticoli e sul trasporto su gomma. Un mix esplosivo, una rete potente e ricchissima che in questi anni è vissuta indisturbata e che adesso teme le denunce. “Troppi episodi analoghi e troppo ravvicinati per non destare sospetti, – dice Marco Omizzolo, il sociologo e giornalista che per primo ha sollevato il problema del caporalato nell’area pontina – si vuole colpire non un solo immigrato ma un’intera comunità che si sta ribellando”
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