Se n’è andato senza conoscere la verità processuale sulla morte del figlio Gianluca, una verità che probabilmente lui conosceva, ma che avrebbe voluto fosse piena nelle sedi competenti: le aule di giustizia. Mario Congiusta è morto a causa di un male incurabile nella sua casa di Siderno in provincia di Reggio Calabria. Tre gradi di giudizio non sono riusciti a stabilire perché Gianluca Congiusta, 27 anni, il 24 maggio del 2005 sia stato ucciso con un colpo di pistola alla testa . La Corte di Cassazione lo scorso 19 aprile ha annullato la condanna all’ergastolo al boss Tommaso Costa del clan di Siderno, quale mandante dell’omicidio, emanata dalla Corte d’Appello che aveva accolto la tesi della Direzione Distrettuale Antimafia calabrese, secondo la quale il giovane sarebbe stato ucciso su mandato del boss per aver scoperto alcune trame del clan che sarebbero servite per rendersi autonomi dal dominio della cosca rivale dei Commisso.
Secondo la ricostruzione effettuata dal Procuratore Antonio De Bernardo, il padre della fidanzata di Gianluca avrebbe ricevuto una richiesta estorsiva attraverso una lettera scritta dallo stesso boss, lettera che sarebbe arrivata nelle mani degli uomini del clan rivale e che probabilmente avrebbe potuto scatenare una nuova guerra di mafia. Per tale ragione, sempre in base a quanto ricostruito dalla Procura, Gianluca sarebbe stato ritenuto il responsabile della consegna e per questo motivo condannato a morte dal clan. Ma tutto questo non ha convinto la Suprema Corte che ha poi annullato la sentenza lasciando il delitto impunito.
Mario per 13 anni ha lottato, chiedendo giustizia non solo per il suo caso, ma per tutte le vittime di mafia che non hanno mai visto condannare i propri carnefici. Lotta condotta con al fianco tanti uomini e donne familiari di parenti uccisi dalla ‘ndrangheta e tante associazioni che in questi giorni lo ricordano sui social.