Abolizione della pena di morte. Il cammino di Papa Francesco per difendere la dignità della persona umana

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Cresce anche in Italia un cattolicesimo da “Chiesa dalle porte chiuse”. Per rendersene conto rileggere il dibattito sulla recente revisione del catechismo della Chiesa cattolica sulla pena di morte. Era il 30 novembre del 2011 quando papa Benedetto XVI incoraggiò iniziative politiche e legislative promosse in un numero crescente di Paesi per eliminare la pena di morte e continuare un progresso sostanziale sul piano della legge penale, sia per la dignità umana dei prigionieri sia per l’effettivo mantenimento dell’ordine pubblico. Papa Ratzinger esprimeva così il pieno sostegno del vescovo di Roma all’iniziativa della Comunità di Sant’Egidio che proprio in quei giorni lanciava la sua petizione mondiale per l’abolizione della pena di morte. Che in tanti paesi del mondo quella campagna avrebbe fruttato milioni di adesioni oggi qualcuno lo dimentica, ricordando stranamente che la petizione globale venne promossa dai radicali. A volte le cose si possono fare in due, su versanti magari diversi, ma in due. Ora quella grande mobilitazione dei cattolici per l’abolizione della pena di morte viene espunta dalla storia, o forse da certe memorie, per criticare Francesco, quasi che la sua riforma del catechismo  abbia segnato l’ennesimo “strappo”. Strano. Le parole di sette anni fa di Ratzinger echeggiavano numerosi pronunciamenti del suo predecessore, Giovanni Paolo II, che non esitò a far intendere di ritenere cristianamente intollerabile la pena di morte e ricordavano a chi volesse ricordarlo che Paolo VI la pena di morte l’aveva abolita dall’ordinamento dello Stato della Città Vaticano. Eppure oggi Bergoglio, scrivono in tanti, avrebbe compiuto una “rivoluzione”, uno strappo appunto, rispetto a grandi santi e alla tradizione della Chiesa. Quella tradizione che, ragionando così, ci porterebbe presto a inseguire un ritorno a idee curiose, come il girare del sole intorno alla terra, e che portò al processo di tal Galileo Galilei, potrebbe ricordarci che prima di Giovanni Paolo II i divorziati nel codice di diritto canonico venivano definiti “pubblici infami”. Dunque Giovanni Paolo II sarebbe stato un papa pericoloso, avrebbe rotto la tradizione della Chiesa, avrebbe effettuato un gravissimo “strappo” modificando addirittura il codice di diritto canonico e chiarendo nella “Familiaris Consortio” che i divorziati sono nella e della Chiesa. Ma c’è un’altra “verità di fede”, certificata e stabilita da Pio XII, che Giovanni Paolo II ha cancellato con un discorso pronunciato in Aula Paolo VI: quella relativa alla superiorità della scelta verginale rispetto a quella matrimoniale.

Tutto questo potrebbe sembrar dire che Francesco non ha dato alcun contributo, ha semplicemente recepito nel catechismo quanto il recente magistero aveva già chiarito. No, non è così. Francesco sta facendo ulteriormente progredire la Chiesa sul cammino che la vede da tempo cercare un completo passaggio da un ragionamento centrato sul concetto di onore a un ragionamento più evangelico, centrato quindi sulla dignità della persona. E la difesa della dignità della persona umana non può che partire dalla distinzione del giudizio umano rispetto a quello divino. Pio X, ad esempio, stabiliva che “è lecito uccidere” in una guerra giusta, eseguendo un ordine in pena di qualche delitto e per legittima difesa. Il successivo testo del catechismo portava la Chiesa a incamminarsi chiaramente sulla via della dignità, prevedendo che in linea teorica la pena di morte può essere sì ammissibile per motivi di sicurezza, ma il sistema odierno la rende nella quasi totalità dei casi non necessaria. Francesco porta in avanti il ragionamento cattolico sulla via della dignità. Il nuovo testo del catechismo infatti dice che l’inammissibilità della pena di morte sta nell’attentato “all’inviolabilità e dignità della persona”. E’ questo il motivo di tanto rancore da parte di chi invece predilige mantenere la priorità dell’onore, della Chiesa in clausura vedrebbe da dire, non della Chiesa in uscita.

Ecco perché non avremmo dovuto chiudere gli occhi su altre importantissime parole pronunciate dal papa nel suo recente incontro con i gesuiti, quando ha detto che il problema di oggi è la risistemazione dell’economia, che è concreta, lasciando il posto alla finanza, che è astratta, gassosa. La logica della finanza, ha aggiunta Francesco, è la stessa della catene di Sant’Antonio. Ed è proprio così, la finanziarizzazione dell’economia svincola il prodotto finanziario dalla persona,  mettendo la persona in conflitto con l’accumulazione. Capirlo aiuterebbe a capire perché concentrarsi ogni giorno sulla guerra tra poveri italiani e stranieri sia un’operazione di distrazione di massa e aiuterebbe a difendere la dignità degli uni e degli altri poveri, senza distrazioni.

Fonte: Formiche.net


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