Ogni secondo, cemento e asfalto si “mangiano” due metri quadrati di territorio naturale, vale a dire 15 ettari al giorno e 52,1 chilometri quadrati soltanto nel 2017. Per dare l’idea, l’anno scorso abbiamo costruito una piazza Navona ogni due ore. Sono eloquenti e drammatici, i dati sul consumo di suolo in Italia, presentati ieri dall’Ispra, l’Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale, che punta il dito contro la «progressiva artificializzazione del territorio, che continua a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e fabbricati, strade e altre infrastrutture, insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, anche attraverso l’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità».
Secondo la nuova cartografia del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), dagli anni ’50 la copertura artificiale del suolo è passata dal 2,7% al 7,65%, con un incremento di 4,95 punti percentuali e una crescita del 180% (con un incremento dello 0,23% nel 2017). Le aree più colpite da questa cementificazione senza freni sono le pianure del Settentrione, l’asse toscano tra Firenze e Pisa, il Lazio, la Campania, il Salento, le aree metropolitane e le fasce costiere. Tra le regioni (15 quelle che hanno superato il 5% di consumo di suolo), la maglia nera spetta alla Lombardia (12,99%), seguita dal Veneto (12,35%) e dalla Campania (10,36%). L’unica regione rimasta sotto la soglia del 3% è la Valle d’Aosta, con il 2,91% di suolo consumato. Gli esperti dell’Ispra, mettono in correlazione l’incremento del consumo di suolo alla ripresa economica: nel 2016, a fronte di una crescita a livello nazionale dello 0,9% rispetto all’anno precedente, il Pil in volume ha registrato un incremento dell’1,3% nel Nord-est, dello 0,9% nel Nord-ovest e dello 0,8% sia al Centro che nel Mezzogiorno.
Infine, il rapporto sottolinea l’attacco portato anche alle aree soggette a vincoli paesaggistici, dove si è registrato il 24,61% di consumo di suolo perpetrato tra il 2016 e il 2017. Non sono state risparmiate nemmeno le zone a rischio di O dissesto idrogeologico (6% di consumo di suolo) e le aree protette, con quasi 75mila ettari ormai totalmente impermeabili. Le trasformazioni maggiori (oltre 24 ettari di territorio consumato) si sono registrate nel Parco nazionale dei Monti Sibillini, mentre altri 24 ettari sono stati impermeabilizzati nel Gran Sasso e Monti della Laga Il prezzo di questa forsennata corsa a costruire si aggira sui 2 miliardi di euro l’anno ed è destinato ad aumentare.
Tra gli scenari disegnati dall’Ispra per il 2050, data stabilita per l’azzeramento del consumo di suolo, ce n’è anche uno che prevede di superare gli 8mila chilometri quadrati di suolo consumato. Come costruire, ogni anno, 15 nuove città. Una prospettiva che fa inorridire la Coldiretti, che ricorda come, negli ultimi 25 anni, sia scomparso un quarto delle campagne e che la superficie agricola utilizzabile sia oggi di appena 12,8 milioni di ettari.
«Su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo si abbattono – sottolinea la Coldiretti in una nota – i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire». Stando alle stime dell’associazione degli agricoltori, sono così saliti a 7.145 i comuni italiani (ovvero l’88,3% del totale), a rischio frane e alluvioni. Di «malattia che debilita l’Italia» parla il Wwf.
«Questa malattia che affligge il Belpaese non solo si può ma si deve curare – dice la presidente Donatella Bianchi – riprendendo innanzitutto il percorso del disegno di legge sul “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato” che, nella passata legislatura, dopo essere stato approvato nel 2016 dalla Camera, si è interrotto al Senato. Partendo da quest’ultimo testo – conclude Bianchi – su cui la commissione Ambiente di Palazzo Madama aveva proposto modifiche importanti e su cui si erano registrate significative convergenze politiche, con alcune modifiche per cancellare i meccanismi meno efficaci nel contenere le nuove edificazioni, sarebbe possibile dotare finalmente l’Italia di normativa innovativa ed efficace». (Paolo Ferrario, Avvenire)
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