E ora, dopo la sentenza del Borsellino quater e il deposito delle motivazioni della sentenza “Trattativa”, il governo nazionale apra gli archivi dei servizi segreti e delle altre istituzioni per rendere possibile la conoscenza di tutta la verità. Quali uomini politici o delle istituzioni hanno ordinato ai corpi deviati dei servizi e dello Stato di costruire il depistaggio per le stragi di mafia degli anni ’90 (e degli anni ’80)? Le sentenze dei due processi hanno dimostrato che una trattativa ci fu, si sa in parte chi l’ha condotta da parte della mafia (Riina e i suoi uomini) e da parte della politica e delle istituzioni (Ciancimino, Dell’Utri, uomo di Berlusconi che non poteva non sapere).
A chi giovava la strategia della tensione alimentata dalle stragi e dagli attentati? Le due sentenze confermano che la mafia è organica al sistema di potere, come lo è stata sin dalla sua prima apparizione dall’Unità di Italia. È stata, ed è, lo strumento usato da una parte della classe dirigente per conservare dominio e potere e impedire il cambiamento democratico e progressista del governo del paese. Mattarella, La Torre, Dalla Chiesa, come i migliori investigatori e magistrati, come Cesare Terranova, Costa, Rocco Chinnici, Falcone, Borsellino, sono caduti certamente per mano mafiosa, ma per quale volontà politica?
L’uccisione di Borsellino è stata accelerata per impedirgli di parlare con gli inquirenti e far sapere loro che c’era qualcuno dello Stato che trattava, lui sapeva e vi si opponeva. Chi dall’interno della magistratura, dei servizi segreti, delle forze dell’ordine e delle istituzioni collaborò alla sua fine tragica?
Il Centro Pio La Torre ha sempre respinto il facile titolo della trattativa Stato-Mafia perché le vittime sopracitate, e tante altre, erano parti importanti politiche, istituzionali dello Stato: anche loro erano Stato.
Se la legislazione antimafia italiana è considerata la più avanzata ed efficace (dalla legge Rognoni-La Torre alla confisca dei beni, all’estensione delle confische ai reati di corruzione) si deve al sacrificio di tante vittime illustri o meno illustri e alla crescita della coscienza civile antimafiosa della società italiana. I magistrati, inquirenti e giudicanti, le forze dell’ordine hanno potuto giovarsi del consenso di una parte significativa della società civile, le associazioni antimafia (come il Centro Pio La Torre) si sono costituite parte civile nei processi di mafia, collaborando alla ricerca della verità (nei due processi citati gli avvocati Barcellona e Cutraro hanno ben rappresentato il Centro e la sua antica storia di impegno antimafia).
La repressione ha funzionato, ma la prevenzione non è stata sufficiente, perché? La prevenzione riguarda la società civile, organizzata o no, e la classe dirigente che guida il governo, le istituzioni, l’economia. Se essa tollera le mafie, o se minimizza, il pericolo democratico del condizionamento per l’economia o peggio grida che la mafia fa schifo, ma poi ne tollera la presenza in prima fila ai suoi comizi, ci ricorda quell’uomo politico siciliano che gridava che la mafia gli faceva schifo e poi fu condannato ad otto anni di galera per favoreggiamento alla mafia.
Dunque attendiamo che il governo renda accessibile tutti i documenti, dei Ros, dei servizi segreti, delle istituzioni coinvolte, utili a far chiarezza sui mandanti politici e istituzionali. Intanto si costituisca subito la Commissione nazionale Antimafia, con deputati e senatori competenti e al di sopra di ogni sospetto, non si riducano i tempi di prescrizione, non si limiti l’informazione seria, si perfezioni l’estensione delle norme antimafia ai reati di corruzione, si renda trasparente tutta la vita amministrativa e politica.
E infine, nemmeno si pensi di distrarre l’opinione pubblica con la campagna terroristica contro i migranti, l’emergenza è la mancanza di sviluppo e di lavoro, la sfiducia verso le istituzioni rette da uomini che vanno ricercando (da destra e da sinistra) accordi di potere anche con pregiudicati, l’insicurezza di fronte a un futuro incerto. Il contrasto alle mafie o è politico o si riduce solo alla repressione che non impedisce la loro ricostituzione. La mafia di Riina è stata sconfitta, la “mafia capitale” o quella lombarda, ligure o emiliana dopo trent’anni comincia ad essere repressa, ma sinora la classe dirigente politica di destra e di sinistra sembra incapace di organizzare la mobilitazione della società-
I due processi, Borsellino quater e “Trattativa” sono stati resi possibili anche per la mobilitazione dell’antimafia sociale, non di quella di cartone, parolaia e ferma ai rituali. Si estenda questa mobilitazione a livello generale per impedire che politica, mafia, affari e corruzione continuino a infettare la nostra democrazia, alimentando quel terrorismo sovranista e neo-autoritario che minaccia, per mancanza di alternative credibili, l’Italia e l’Europa.