E adesso al lavoro, tutti insieme per non archiviare l’inchiesta sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. In queste ore molti giornalisti stanno aderendo alla task force che aiuterà a raccogliere prove ulteriori e inedite da portare al gip del Tribunale di Roma che già ha concesso termini aggiuntivi (180 giorni) per produrre nuovi elementi. Un lavoro che potrà e dovrà essere utile alla parte offesa che potrà (si spera) essere rappresentata da Fnsi, Usigrai e Cnog e per essi dall’avvocato Giulio Vasaturo. Il quale ci spiega tecnicamente il valore della decisione formalizzata la settimana scorsa di richiesta di costituzione di parte offesa degli organismi di rappresentanza dei giornalisti italiani in generale e di quelli della Rai in particolare, poiché le vittime del terribile agguato lavoravano per la Rai.
“E’ stato depositato presso la Procura di Roma l’atto forale con cui Fnsi, UsigRai e Ordine dei Giornalisti si sono costituiti ‘parti offese’ nelle indagini sull’omicidio premeditato dell’inviata del Tg3 Italria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin avvenuto a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo del 1994. . dice l’avvocato Vasaturo – I massimi organismi rappresentativi dei giornalisti italiani potranno dare, così, un contributo diretto alle indagini, indicando elementi di prova e presentando agli inquirenti documenti ed altri materiali utili all’inchiesta che, a seguito del rigetto della richiesta di archiviazione disposto dal GIP, proseguirà per i prossimi 180 giorni con una serie di nuovi ed importanti accertamenti investigativi”
Ma quali sono gli effetti immediati e pratici e qual è il significato di questa iniziativa che non ha precedenti in procedimenti in cui sono coinvolti giornalisti?
“Fnsi, Usigrai e Odg hanno fatto una scelta di impegno di enorme rilievo, anche sul piano propriamente giuridico. – spiega il legale, da anni in prima linea sul fronte della tutela dei giornalisti vittime di querele temerarie e di intimidazioni mafiose – La costituzione come parte offesa mira a ribadire, anzitutto, un principio di diritto fondamentale: i sindacati e l’ente pubblico che rappresentano istituzionalmente gli operatori dell’informazione sono vittime dirette di quei crimini che, colpendo i giornalisti nell’esercizio della loro professione, ledono il patrimonio di valori, di idealità, di interessi primari di cui questi soggetti collettivi sono, a diverso titolo, garanti. Con questo spirito vogliamo dare il massimo supporto all’azione degli inquirenti ed al caparbio lavoro dei colleghi Domenico e Giovanni D’Amati e dall’avvocato Carlo Palermo che da tempo sono al fianco della famiglia Alpi in questa vicenda giudiziaria».
Che apporto pensate di dare alle indagini suppletive ordinate dal GIP?
“Il nostro non sarà un contributo meramente simbolico. Al contrario, con profonda umiltà e nel pieno rispetto di chi coordina le indagini, vogliamo esercitare i diritti che sono riconosciuti nel nostro ordinamento alla “parte offesa” da reato, dando agli inquirenti un contributo costruttivo che l’ufficio del Pubblico Ministero potrà serenamente valutare».
E’ molto bello che Fnsi, Odg ed UsigRai abbiano fatto “fronte comune” in questa sfida?
“Giorgio e Luciana Alpi ci hanno lasciato un compito che oggi accomuna tutti coloro che hanno a cuore la libertà di informazione in Italia e nel mondo. Nel loro nome noi non smetteremo mai di cercare verità e giustizia sul caso di Ilaria e Miran ed utilizzeremo tutti gli strumenti consentiti dalla legge per evitare che l’inchiesta sugli esecutori, sui mandanti di questo duplice delitto premeditato e su chi ha depistato le indagini possa mai essere archiviata”.
Ad Articolo 21 risulta che in queste ore tanti giornalisti l’hanno contattata per dare una mano. E’ così?
“Si. E’ vero. In queste ore, si è attivata una mobilitazione spontanea che mi ha colpito profondamente. Abbiamo chiesto ad alcuni colleghi di Ilaria che seguono da sempre questa dolorosa vicenda umana e giudiziaria di affiancarci nei prossimi mesi. Le inchieste giornalistiche sono state determinanti in passato, anche in ambito giudiziario, per fornire elementi preziosi agli investigatori. Il lavoro di Chiara Cazzaniga di ‘Chi l’ha visto?’ è stato provvidenziale per restituire la libertà al cittadino somalo Hashi Omar Hassan, ingiustamente detenuto per sedici anni perché ritenuto responsabile del duplice delitto di Mogadiscio. Confidiamo di poter sottoporre alla Procura di Roma ulteriori elementi utili alle indagini, con specifico riguardo ai nuovi approfondimenti indicati dal GIP, ma su questo, per ovvie ragioni, in questo momento non posso dire di più”.
Un “vero consorzio” di giornalisti investigativi per non seppellire più verità sul caso Alpi-Hrovatin. Di questo stiamo parlando?
“Sì, è questo che intendevamo quando abbiamo lanciato l’appello. E si sta verificando. Siamo molto fiduciosi nell’esito di una tale iniziativa”
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