Esprime «dolore» ancora una volta, Papa Francesco, per le tragedie dei naufragi di barconi carichi di migranti, oramai una drammatica costante nel mar Mediterraneo. Ancora una volta il Pontefice assicura il suo «ricordo» e la sua «preghiera» agli scomparsi e alle loro famiglie. Ancora una volta il Papa chiama in causa la comunità internazionale perché «agisca con decisione e prontezza onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi» e si possano «garantire sicurezza, rispetto dei diritti e della dignità di tutti».
L’appello del Vescovo di Roma – che giunge dopo settimane di convulse notizie di uomini, donne e anche bambini morti o dispersi in mare – conclude questo penultimo, assolato, Angelus di luglio in piazza San Pietro al quale sono presenti 25 mila pellegrini. E si lega idealmente all’invito che Bergoglio ha rivolto durante la sua catechesi ad ogni cristiano ad assolvere alla missione di farsi carico «dei problemi, delle sofferenze e delle difficoltà del nostro prossimo».
Una missione che il Pontefice sintetizza in tre azioni, chiamate i «verbi del Pastore»: «Vedere, avere compassione, insegnare». Vedere, cioè, con lo sguardo di Gesù che non è «neutro o, peggio, freddo distaccato» ma uno sguardo del cuore. Avere compassione, non nel senso di una «reazione emotiva di fronte ad una situazione di disagio della gente» ma un atteggiamento di condivisione e servizio. Infine insegnare, che vuol dire trasmettere «una parola», quella di cui abbiamo bisogno più di un «miracolo» perché essa «guidi e illumini il cammino» della vita.
Come sempre la riflessione del Papa trae le mosse dal Vangelo, quello di oggi in particolare racconta degli apostoli che esprimono una «esigenza di riposo» dopo l’esperienza della missione «certamente entusiasmante ma anche faticosa». Gesù, «pieno di comprensione, si preoccupa di assicurare loro un po’ di sollievo» e li chiama in disparte in un luogo deserto. Ma «l’intenzione di Gesù non si può realizzare, perché la folla, intuendo il luogo solitario dove si sarebbe diretto con la barca insieme ai suoi discepoli, accorse là prima del loro arrivo».
Un piccolo “incidente”, ma anch’esso rappresenta un insegnamento, spiega Francesco: «Lo stesso può accadere anche oggi. A volte non riusciamo a realizzare i nostri progetti, perché sopraggiunge un imprevisto urgente che scombina i nostri programmi e richiede flessibilità e disponibilità alle necessità degli altri».
In queste circostanze l’esempio da imitare è quello di Gesù che «sceso dalla barca, vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore». Una frase breve, questa dell’evangelista, che tuttavia «offre un flash di singolare intensità» fotografando «gli occhi del divino Maestro e il suo atteggiamento».
In questi occhi c’è uno sguardo che «non è uno sguardo neutro o, peggio, freddo e distaccato, perché Gesù guarda sempre con gli occhi del cuore. E il suo cuore è così tenero e pieno di compassione, che sa cogliere i bisogni anche più nascosti delle persone». Inoltre, sottolinea Francesco, «la sua compassione non indica semplicemente una reazione emotiva di fronte ad una situazione di disagio della gente, ma è molto di più: è l’attitudine e la predisposizione di Dio verso l’uomo e la sua storia».
Cristo si è realmente «commosso» nel vedere tutta quella gente bisognosa di guida e di aiuto; noi, con le nostre logiche umane, «ci aspetteremmo che Egli si mettesse ora ad operare qualche miracolo». Invece, rileva Francesco, il Messia «si mise a insegnare loro molte cose»; a questa folla affamata e smarrita, Lui offre «il pane della Parola». Perché «tutti noi abbiamo bisogno della parola di verità, che ci guidi e illumini il cammino. Senza la verità, che è Cristo stesso, non è possibile trovare il giusto orientamento della vita», sottolinea il Pontefice.
«Quando ci si allontana da Gesù e dal suo amore, ci si perde e l’esistenza si trasforma in delusione e insoddisfazione», aggiunge. «Con Gesù al fianco si può procedere con sicurezza, si possono superare le prove, si progredisce nell’amore verso Dio e verso il prossimo». Il figlio di Dio, infatti, «si è fatto dono per gli altri, divenendo così modello di amore e di servizio per ciascuno di noi».
Al termine dell’Angelus, Francesco rivolge un saluto ai pellegrini presenti in piazza San Pietro, in particolare quelli provenienti da Rio do Sul (Brasile), Sevilla (Spagna), Pelplin (Polonia), e ai fedeli venuti da Assisi per «una staffetta di preghiera» in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi.