Germania, Spagna, Portogallo, Malta e Francia ne accolgono 50 ciascuno. Da Praga e Budapest un secco no
Di Pino Salerno
Sono tutti scesi a terra i migranti che per due giorni hanno atteso davanti al porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa, di poter sbarcare. Si tratta dei 184 uomini della Protector, la nave britannica dell’agenzia europea Frontex e i 209 della Monte Sperone, il pattugliatore della Finanza. L’autorizzazione per lo sbarco è arrivato ieri in tarda serata. Ora uomini delle prefettura e delle forze dell’ordine sono al lavoro per i ricollocamenti. “Oggi per la prima possiamo dire che sono sbarcati in Europa”, hanno detto nella notte fonti di Palazzo Chigi, assicurando che i migranti “riceveranno tutta l’assistenza necessaria in attesa che avvenga la ripartizione con gli altri Paesi europei”. Ci sono 266 migranti di nazionalità eritrea, 44 dalla Somalia, 5 dalle Isole Comore, 2 dall’Etiopia, 13 dalla Nigeria, 11 dal Madagascar, 4 dalla Palestina, 3 dalla Siria, 3 dalla Costa d’Avorio ed uno dal Sudan. Sulla nave di Frontex ci sono 185 migranti: 107 di nazionalità eritrea, 50 somali, 10 dal Camerun, 6 dalla Libia, 4 dal Bangladesh, 4 dalla Nigeria, 2 dall’Algeria, 1 dall’Egitto, 1 dalla Tunisia.
Il presidente Conte esulta per la disponibilità dei Paesi occidentali. Ma nulla dice sulla doccia fredda dei Paesi di Visegrad
Esulta il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, via Twitter: “Anche la Spagna e il Portogallo prenderanno 50 migranti ciascuno, come già hanno fatto Francia, Germania e Malta”. Ma il governo italiano, che il prossimo 19 luglio, attraverso Matteo Salvini, rivedrà i ministri dell’Interno tedesco e austriaco, veri falchi anti-migranti, nulla dice sulla secca risposta giunta dai paesi di Visegrad, guidati dall’ungherese Orban. Il presidente della Repubblica Ceca addirittura si consente una battuta che dà il senso della situazione europea, suscitata proprio dal documento che Conte ha presentato al vertice del Consiglio europeo, il documento nel quali si parlava appunto di “accoglienza su base volontaria”. Ora il governo italiano si accorge che quella frase gli si ritorce contro. Ecco come Repubblica Ceca e Ungheria hanno risposto, infatti, all’appello lanciato da nostro presidente del Consiglio.
Il presidente ceco all’Italia: “il vostro approccio è la strada per l’inferno”. Il portavoce di Orban: “gli ungheresi non accolgono nessuno”
“Ho ricevuto la lettera del premier italiano Conte in cui chiede all’Ue di occuparsi di una parte delle 450 persone ora in mare. Un tale approccio è la strada per l’inferno”. Insomma, il piatto è servito all’Italia, secondo Andrej Babis, il premier della Repubblica Ceca, uno dei Paesi del gruppo di Visegrad. “Il nostro Paese – prosegue – non riceverà alcun migrante. L’unica soluzione alla crisi migratoria è il modello australiano, cioè non fare sbarcare i migranti in Europa”. E Orban? Non poteva certo mancare. “L’Ungheria non accoglie nessuno. Gli elettori ungheresi si sono espressi chiaramente alle ultime elezioni: non vogliono vivere in un paese di immigrati”, sono le parole di Istvan Hollik, portavoce del gruppo parlamentare di Fidesz, il partito del premier Viktor Orban, che ha risposto alla domanda se Budapest fosse disposta a prendere una quota di migranti trasbordati sulle navi italiane così come richiesto dal premier Giuseppe Conte. “Gli ungheresi rifiutano il piano Soros”, ha aggiunto, definendo “navi Soros” quelle che salvano migranti in mare. Viene da sorridere pensando a quei 450 naufraghi su un barcone di legno, “messo a disposizione da Soros”, come dicono gli ungheresi, contro i quali non abbiamo ascoltato alcuna reazione di Salvini. Evidentemente era troppo impegnato allo stadio di Mosca a tifare Croazia (come possa un ministro tifare per una o per l’altra squadra, mentre è invitato istituzionale, senza destra indignazione mondiale, resta un mistero). Salvini è d’accordo con il presidente ceco per il quale abbiamo intrapreso “la strada per l’inferno?”. E cosa dicono i 5Stelle? Inutile chiederlo al presidente Conte, che ha stappato lo spumante per la disponibilità degli stati occidentali. Se mai vi fosse stato bisogno di una smentita della politica estera italiana, tutta tesa verso Visegrad, e basata appunto sull’accoglienza volontaria, come panacea di tutti i mali legati alle migrazioni, è giunta con la sorte, il destino, dei 450 profughi ormeggiati in rada a Pozzallo.
L’appello delle organizzazioni cattoliche per fermare il razzismo, e coloro che usano simboli sacro per propaganda neo fascista
Fermare il razzismo. Lo chiede il Vangelo, e lo chiede papa Francesco; non basta più attivarsi nelle opere concrete, occorre dare un segnale anche più ‘politico’, nel senso alto della parola. E’ questo in sintesi il messaggio che decine di operatori della Chiesa hanno voluto dare in una lettera alla Conferenza Episcopale Italiana e a tutti i vescovi singolarmente. In 110 hanno già firmato l’appello tra parroci e direttori delle Caritas, docenti delle università pontificie e responsabili scout, suore di congregazioni religiose a operatori delle diocesi. La lettera non fa nomi e cognomi ma mette in guardia i vescovi da chi, “persino rappresentanti delle istituzioni”, fa crescere “una cultura con marcati elementi di rifiuto, paura degli stranieri, razzismo, xenofobia”. “In questo contesto sono diversi a pensare che è possibile essere cristiani e, al tempo stesso, rifiutare o maltrattare gli immigrati, denigrare chi ha meno o chi viene da lontano, sfruttare il loro lavoro ed emarginarli in contesti degradati e degradanti. Non mancano, inoltre, le strumentalizzazioni della fede cristiana con l’uso di simboli religiosi come il crocifisso o il rosario o versetti della Scrittura, a volte blasfemo o offensivo”. E allora serve la voce dei vescovi, perché alcuni sono stati già chiari, e i firmatari citano al proposito il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, e lo stesso presidente Cei, card. Gualtiero Bassetti. “Ma restano ancora poche le voci dei pastori – denunciano i firmatari della lettera – che ricordano profeticamente cosa vuol dire essere fedeli al Signore”. E non c’è niente che può giustificare il silenzio della Chiesa: “né la paura di essere fraintesi o collocati politicamente, né la paura di perdere privilegi economici o subire forme di rifiuto o esclusione ecclesiale e civile”. E allora non basta più accogliere, fare la propria parte ogni giorno accanto agli ultimi, perché – dicono i firmatari dell’appello – ora c’è “l’urgenza” di “annunciare con i mezzi di cui disponiamo che la dignità degli immigrati, dei poveri e degli ultimi per noi è sacrosanta”. L’appello è pubblicato anche dal sito ‘cercasiunfine’ che continua a raccogliere le firme.