BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

In ricordo di “Lillo”, il segugio della squadra mobile

0 0

di Dario Montana

I successi professionali di Beppe con la sua catturandi sono stati numerosissimi. Ben oltre le aspettative di tutti, anche delle sue, infatti quando presentò ai giornalisti la costituzione della nuova sezione della squadra mobile disse: ”E’ inutile che veniate a trovarmi ogni giorno. Posso darvi in media una notizia ogni sei mesi. Il nostro è un impegno che si sviluppa in tempi molto lunghi. E se proprio possiamo parlare, possiamo farlo a cose fatte”.
Ma credo che la sua intuizione più grande non riguardasse tanto l’aspetto repressivo e/o investigativo, ma quello sul piano culturale, riuscendo a rompere quel clima di scetticismo, di impotenza e rassegnazione della società civile palermitana che aveva trovato al suo arrivo.
Lillo Zucchetto, nonostante la sua giovane età (aveva solo 26 anni) ,era uno dei suoi collaboratori migliori e più fidati. Lillo conosceva tutti i mafiosi perché veniva da quelle stesse borgate di Ciaculli e Brancaccio. Fu riconosciuto da Pino Greco, Scarpuzzedda, proprio tra i vicoli di Ciaculli, mentre su un vespino andava a caccia di latitanti insieme a Ninni Cassarà. Per questo venne ammazzato il 15 novembre del 1982 in via Notarbartolo, davanti al bar Collica.
Al funerale di Lillo c’erano solo i suoi colleghi, nessun cittadino palermitano partecipò alle esequie. Gli uomini e le donne della squadra mobile furono lasciati soli. Beppe, con la sua solita consapevolezza affermò lapidario ai giornalisti: “Quando gli avvertimenti si trasformano in attentati, siamo sotto tiro. Ormai siamo nel mirino. Noi siamo pochi, una decina di persone, i mafiosi ci conoscono tutti”.
Proprio per reagire a questa indifferenza e superare l’enorme sproporzione delle forze in campo, con Ninni Cassarà diedero vita al “Comitato Lillo Zucchetto”, in memoria del valoroso collega ucciso, per spiegare ai cittadini palermitani chi fossero e come vivevano i mafiosi, ma anche per spiegare chi fossero e come vivevano i poliziotti della squadra mobile di Palermo.
Non si trattava di un nuovo sindacato che aveva come obiettivo ottenere sacrosante rivendicazioni salariali o il riconoscimento di straordinari non pagati, di turni di riposo saltati. Il comitato “Lillo Zucchetto”, si rivolgeva alla società civile, ai giovani soprattutto. Era difficile trovare Beppe in ufficio, non stava mai dietro la scrivania, ma in macchina o in strada con i suoi ragazzi o in giro per incontrare giovani studenti.
Alla fine di giornate massacranti di lavoro trovava il tempo e la voglia di confrontarsi con le prime associazioni antimafia che cominciavano a nascere a Palermo, su tutte il coordinamento antimafia. Oggi sono tanti i poliziotti che vanno in giro per le scuole, le università che partecipano ai cosiddetti progetti antimafia, portando in giro cani poliziotto o robot per disinnescare gli ordigni e spiegando le conseguenza degli atti di devianza. Il comitato Lillo Zucchetto, faceva ben altro.
Credo che il merito più grande di Beppe sia stato proprio quello di uscire fisicamente dai locali della squadra mobile per andare incontro ai giovani. Per far capire loro chi era il vero nemico da sconfiggere e i pericoli che correva la nostra democrazia.
Sono certo che i successi di Beppe e di quella squadra mobile sono venuti proprio quando i cittadini palermitani e soprattutto i giovani hanno cominciato a scegliere di stare dalla parte della magistratura, della polizia, della Costituzione.
Prima di Beppe e del Comitato Lillo Zucchetto nel nostro paese non c’era alcun rapporto tra i movimenti giovanili e la polizia, anzi la cronaca ci racconta che nel ’68 e nel ’77 per le strade ci si sparava, correva il sangue. I poliziotti nella migliore delle ipotesi venivano percepiti come dei servi del potere. Durante le manifestazioni si urlavano slogan che parafrasavano quelli dei terribili anni del terrorismo: “né con la mafia né con lo Stato”. Insomma, le scene terribili e indecenti per uno Stato democratico che abbiamo visto a Genova erano la normalità.
Con Beppe, Ninni e il lavoro del Comitato “Lillo Zucchetto” si è compiuta una vera e propria rivoluzione copernicana. I movimenti giovanili, soprattutto meridionali hanno cominciato a capire chi era il vero nemico da contrastare, e che per combattere le mafie si può stare solo da una parte: quella dello Stato e della Costituzione, con la consapevolezza attuale -anche dopo le prime risultanze del processo sulla “Trattativa”- che pezzi importanti delle istituzioni hanno svolto un ruolo eversivo, ponendosi ben al di là della costituzione. Ma si tratta sempre e comunque di responsabilità personali, perché al di fuori delle istituzioni, dello Stato e della Costituzione non può esserci nessuna antimafia credibile.

( 9 – continua)

Da mafie


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21