Gli archivi online di giornali e radio sono un bene da proteggere perché garantiscono il diritto della collettività a ricevere notizie di interesse generale, che non è attenuato dal passare del tempo. Di conseguenza, giusto far prevalere la diffusione di informazioni su procedimenti penali, anche a distanza di anni, rispetto al diritto all’oblio. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza depositata ieri nel caso M.L. e W.W. contro Germania con la quale Strasburgo ha respinto il ricorso di due cittadini tedeschi condannati all’ergastolo per un omicidio e scarcerati con una misura di messa alla prova.
I due ricorrenti sostenevano che il mancato accoglimento della loro richiesta di anonimizzazione di alcuni reportage che li riguardavano fosse una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea che assicura il diritto al rispetto della vita privata. Una tesi respinta da Strasburgo che ha fatto pendere l’ago della bilancia a favore dell’articolo 10 della Convenzione che garantisce la libertà di espressione. È vero che ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata, che include anche quello di non essere ricordato per fatti del passato legati a condanne penali, ma è anche vero che la collettività ha diritto a ricevere informazioni sui procedimenti penali e sulla scarcerazione dei colpevoli così come a poter svolgere ricerche su eventi del passato. Non solo.
La Corte europea mette in guardia dai rischi di un accertamento in sede giudiziaria delle richieste di rimozione presentate da individui a danno di organi di stampa perché questo potrebbe spingere gli organi di informazione a omettere notizie di interesse generale che la collettività ha diritto a ritrovare negli archivi digitali. Né si può chiedere di rendere anonimo ogni articolo perché spetta ai giornalisti decidere quali dettagli sono di interesse generale. La scelta, quindi, se riportare il nome completo di una persona condannata spetta alla stampa nel rispetto delle regole deontologiche. La Corte europea ha anche definito i parametri ai quali le autorità nazionali devono attenersi per raggiungere un giusto bilanciamento tra i diritti in gioco. Prima di tutto, necessario considerare se la notizia contribuisce a un dibattito di interesse generale. Poi va valutata la notorietà della persona, l’oggetto del reportage, il comportamento precedente della persona interessata, il contenuto, la forma e le ripercussioni della pubblicazione e, all’occorrenza, anche le modalità con le quali sono state acquisite eventuali fotografie, tenendo conto che nella libertà di stampa rientra anche il diritto di scegliere le modalità di pubblicazione inclusi i dettagli da divulgare.
La Corte poi lancia l’allarme sui rischi sulla libertà di stampa laddove si chieda, in una fase successiva rispetto alla pubblicazione, un accertamento sulla liceità della stessa pubblicazione. In questi casi, infatti, potrebbe accadere che gli editori arrivino a ritenere più conveniente non curare gli archivi. Rischio che la Corte evita rafforzando la tutela della libertà di stampa