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Il Campo di Libera Roma che studia lo sfruttamento dei braccianti. Intervista a Marco Genovese 

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Da alcuni giorni è in corso a Ostia il Campo di Libera Roma con un gruppo di ragazzi interessati a capire storie di mafia e antimafia, di legalità e illegalità diffusa, di sfruttamento e diritti conquistati passo dopo passo. Ogni giorno lezioni “diverse” sui beni confiscati e la loro gestione possibile, sul lavoro nei campi dell’agro pontino e sul riscatto dell’intera comunità sikh, su giornalisti e attivisti del territorio che hanno portato sotto i riflettori ombre e complicità di un intero sistema di agromafia e caporalato che, peraltro, sostiene larga parte dell’economia di mezza regione Lazio. “Con i ragazzi del Campo siamo andati a visitare direttamente cosa succede nelle campagne di Latina e Sabaudia -racconta Marco Genovese di Libera Roma – e abbiamo analizzato il fenomeno dello sfruttamento e della tratta che c’è dietro. Ci ha accompagnato Marco Omizzolo e ci ha spiegato come i braccianti sikh arrivano fin lì, qual è la loro giornata, il tenore di vita. E anche quale business parallelo e illecito crea questo stato di cose. Il nostro tour ha toccato Bella Farnia dove la comunità sikh ha un centro servizi e poi Borgo Hermada”.

Che idea si sono fatti i ragazzi di questa vicenda?
“Per alcuni era tutto nuovo, altri conoscevano il fenomeno ma ovviamente guardare le cose da vicino è diverso. Soprattutto perché i protagonisti hanno raccontato in prima persona il percorso difficile fatto per arrivare ad ottenere visibilità e un minimo di diritti, una lotta condotta con la Cgil e – come ci hanno detto – culminata con il famoso sciopero del 16 aprile 2016 sotto la Prefettura di Latina. Tra le testimonianze più toccanti certamente quella del bracciante sfruttato e schiavizzato per anni nei campi che la scorsa primavera ha ottenuto (primo caso in Italia) il permesso di soggiorno per motivi di giustizia all’esito del processo con cui sono state accertate le responsabilità dei suoi sfruttatori. Questa vicenda infonde coraggio e speranza”.
Com’è la comunità sikh di Sabaudia?
“Ci hanno accolto nel loro tempio ed è stato coinvolgente, ci hanno aperto le loro porte, in qualche modo ci hanno introdotto nelle loro vite. E ci hanno anche offerto da mangiare che è sempre un momento di grande condivisione culturale. Questo ha molto colpito i ragazzi e rientra nello spirito dei Campi di Libera”.

Il lavoro degli operatori di Libera Roma continuerà con altri Campi nella capitale, tra gli altri quello di Tor Bella Monaca. E intanto nel pomeriggio del 26 luglio si è tenuto un presidio in via Amelia, in ricordo di Rita Atria a 26 anni dalla morte. “Un piccolo contributo alla memoria – ha detto Marco Genovese – di lei e della sua battaglia che è la stessa di tanti di noi. Sempre attualissima”

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