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Helena Janeczek e l’importanza dello Strega

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Credevo che avrebbe prevalso Lia Levi, con la sua opera ambientata nell’Italia delle Leggi razziali, nell’ottantesimo anniversario del varo di una vergogna che rimarrà una macchia eterna e indelebile nella storia del nostro Paese. Tutt’al più avevo puntato su Balzano e sul suo Resto qui, ultimo gioiello in ordine cronologico di un autore che tre anni fa si è aggiudicato il Campiello con L’ultimo arrivato, un romanzo dedicato all’immigrazione interna nel dopoguerra. Invece, nella settantaduesima edizione dello Strega, ha prevalso Helena Janeczek, autrice di La ragazza con la Leica, un romanzo dedicato a Gerda Taro, fotografa tedesca che a Parigi conobbe e si innamorò di Robert Capa, uno dei più celebri fotografi del Novecento, testimone e narratore in presa diretta della Guerra civile spagnola, e lo accompagnò, per l’appunto, nell’inferno iberico, dove trovò la morte a soli ventisei anni, DI RITORNO DAL FRONTE di Bruñete, andandosene in maniera eroica nonostante lo strazio che aveva subito.
Le altre due opere in lizza erano La corsara, una biografia di Natalia Ginzburg ad opera di Sandra Petrignani, e Il gioco, un romanzo a sfondo erotico di Carlo D’Amicis.
Una bella scelta, una cinquina adeguata al momento storico che stiamo vivendo e il rilancio di un premio tra i più importanti del nostro panorama culturale. Ha vinto, probabilmente, l’opera migliore, la più originale, quella in cui si narra una storia che pochi conoscono e molti farebbero, invece, bene a conoscere, in quanto in quella tragedia sono racchiusi i prodromi non solo del secondo conflitto mondiale ma anche dei successivi sviluppi della vicenda spagnola ed europea.
Helena Janeczek, narratrice civile di vaglia, già autrice di romanzi dedicati ai drammi di quegli anni, ha scritto un gioiello che ha conquistato la giuria per la sua profonda umanità, per la sua narrazione in presa diretta, per la passione civile che lo caratterizza e per il suo aver posto al centro la vita e l’abisso di una ragazza che non ha mai vissuto la gioia dei vent’anni ma non per questo ha condotto un’esistenza meno appassionante e avventurosa di quella di molti di noi.
Una vittima della barbarie e dell’orrore, dunque, una protagonista, suo malgrado, dello strazio di un secolo, un’eroina misconosciuta che è tornata all’attenzione delle cronache grazie a un romanzo meticoloso e ricco di spunti di riflessione. E così, in una delle stagioni più tristi e dolorose della nostra storia recente, mentre si parla di chiusura dei porti e delle frontiere e l’Europa rischia di andare in frantumi, ecco che un prestigioso premio letterario ritrova la sua importanza, il suo significato originario e diremmo la sua grandezza. Non è poco: non è affatto un risultato da sottovalutare.

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