“Da oggi l’informazione in Italia è più forte. E anche la Giustizia è più forte.” Come non essere d’accordo con gli avvocati Francesco Paolo Sisto e Roberto Eustachio Sisto, legali di parte civile per la Federazione Nazionale della stampa, nel processo a carico di Francesco De Carolis, fratello del boss Luciano detto Ciano, condannato a 2 anni e 8 mesi con l’aggravante mafiosa per tentata violenza aggravata privata in danno del giornalista Paolo Borrometi? Quel verdetto pronunciato dal Tribunale di Siracusa è lo spartiacque tra una democrazia compiuta e il clima mafioso e di paura che si respira nella Sicilia più difficile; è stato affermato il diritto-dovere di fare informazione e, contestualmente, si è acclarata la tutela dei cittadini che denunciano i metodi mafiosi. Paolo è uno di questi cittadini che ha avuto la forza e il coraggio di denunziare per se stesso e per la professione che svolge, difesa in quell’aula dalla presenza degli organismi di categoria come parti del processo contro la mafia e i suoi metodi.
“Gran pezzo di merda, appena vedo di nuovo la mia faccia, di mio fratello che oggi è la corona della mia testa, in un articolo tuo ti vengo a cercare fino a casa e ti massacro. Il giorno in cui ti incontro giuro giuro che con due gran pugni nella faccia ti devo mandare all’ospedale. Devo perdere il nome mio se non ti prendo la mandibola e te la metto dietro. E poi denunciami sta minchia, ti massacro e con le mani non c’è il carcere, pezzo di merda te lo dico già subito”. Queste le terribili frasi pronunciate da Francesco De Carolis nei confronti di Borrometi e fatte pervenire al giornalista attraverso un file audio. Borrometi, direttore del sito LaSpia.it e collaboratore dell’Agi, nonché Presidente di Articolo 21 aveva scritto troppo secondo De Carolis. In alcune inchieste aveva “osato” ricostruire gli affari mafiosi del fratello di Francesco, Luciano, un personaggio di spicco del clan siracusano Bottaro-Attanasio, gia’ condannato con sentenza passata in giudicato per omicidio, estorsioni e droga con aggravante mafiosa.
L’imputato era stato arrestato il 25 novembre dello scorso anno su richiesta della Procura di Catania e il processo per i fatti contestati è cominciato il 7 maggio 2018. Determinante la testimonianza della parte offesa, Paolo Borrometi appunto, sentito nel corso dell’udienza dello scorso 11 giugno in un’aula particolarmente affollata, di cittadini, colleghi, media, associazioni presenti in Tribunale per fornire quella “scorta mediatica” che Articolo 21 ritiene determinante, alla stregua delle tutele legali, per sostenere i giornalisti minacciati. Una lunga testimonianza quella di Borrometi, che ha difeso la sua professione insieme al valore dell’informazione in una terra di mafia. Un concetto che il nostro Presidente difende e divulga da anni, pagando un prezzo molto alto. E’ uno dei molti (troppi) cronisti sotto scorta in Italia. Ciò nonostante prosegue con il rigore di sempre nel racconto del condizionamento mafioso di diversi territori siciliani. Quello che si è chiuso con la condanna di De Carolis è il quindicesimo processo per fatti avvenuti tra Ragusa e Siracusa, in cui è parte offesa per minacce di morte ricevute da diversi clan. La Federazione nazionale della Stampa italiana, che si era costituita parte civile insieme con l’Ordine dei giornalisti, in una nota diffusa subito dopo la lettura del dispositivo, ha ribadito che “proseguirà nel suo impegno dalla parte dei cronisti minacciati” . Paolo Borrometi ha ringraziato, con parole che tradiscono commozione e affetto, tutti quelli che gli sono stati vicini, colleghi, associazioni, semplici cittadini. “E’ stata scritta una meravigliosa pagina di Giustizia – ha detto – ed io la dedico a tutti Voi che mi siete stati accanto. In un territorio dove le denunce scarseggiano, la sentenza di condanna di chi mi voleva ‘massacrare’, dimostra che denunciare conviene”.
Una rigorosa e puntuale ricostruzione di tutta la vicenda e dei legami del clan sul territorio è riportata nell’articolo scritto da Salvo Vassallo sul giornale on line La spia, diretto appunto da Borrometi.
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