Quando Felice Pignataro – “il più prolifico muralista del mondo” (definizione data da E. H. Gombrich, del Warburg Institut di Londra) – se ne andò era il 16 marzo del 2004. Ma un uomo Libero non lascia mai veramente questo mondo. Perché le belle parole e i buoni propositi non li ha relegati in una vaga e astratta “filosofia del non-luogo”. Ma li ha metabolizzati, sviscerati, partoriti; e si sono manifestati alla gente comune sotto forma di colori, fantocci, fumetti, murales, cortei carnascialeschi. Questo e molte altre “esplosioni di vitalità” fu quello che mi passò Felice durante la lunga intervista che gli feci nel 2003 (linfa per il documentario “Felice!”, firmato da me e Matteo Antonelli). Insomma, davanti a me c’era un artista che insegnava, senza bisogno di una cattedra. Perché la Bellezza, quella vera, è sempre stato il suo verbo… Lui sapeva semplificare la sociologia, mortificare il qualunquismo, scolpire una dialettica, che insegna l’Arte, senza imbrigliarsi in stereotipi, etichette più o meno politicizzate. La differenza tra centro è periferia si annullava in una sua boccata di fumo.
E’ per questo che abbiamo deciso con Laura Valente di portare, con la mia consulenza scientifica e il coordinamento (anche come responsabile di Articolo 21 per la Campania), l’Arte militante di Pignataro per la prima volta in un museo: è accaduto al Madre, il museo d’arte contemporanea della Regione Campania, che per l’inaugurazione della mostra Felice@Madre, è stato invaso da ragazzi provenienti da tutti i quartieri. Primo atto di un nuovo progetto della Fondazione Donnaregina fortemente voluto e “abbracciato” dalla presidente Valente: ‘Madre per il Sociale’, la piattaforma di attività educative e di inclusione in collaborazione con GRIDAS – Gruppo Risveglio dal Sonno (oggi animato dalla moglie Mirella Pignataro e i figli Martina, Giovanna e Luca).
Un modo attraverso il quale il museo smette di essere semplice contenitore – ancor più rifiuta di esserlo per attività lontane dallo scopo per il quale esiste – per diventare propulsore e amplificatore di attività artistiche e di avviamento ad esse dei più giovani, che entrano in questo luogo non passivamente ma per “fare” e, attraverso questo fare, realmente comprendere quello che il museo contiene.
“Il museo d’arte – spiega Andrea Viliani, direttore del Madre – deve essere capofila di una riscrittura dell’idea che il museo non deve essere un luogo elitario, ma popolare, dove nessuno si sente escluso”.
Durante la conferenza stampa di presentazione l’intervento di Riccardo e Vincenzo, due “piccoli giornalisti” della scuola media “Adelaide Ristori” di Forcella, dove ho tenuto il corso gratuito di giornalismo “Non si imbavaglia la legalità”, in collaborazione con la collega ed insegnante Paola De Ciuseis (che hanno raccontato della loro “prima visita in un museo”).
Con l’organizzazione di Martina Pignataro, fino al 20 luglio e oltre si succederanno al Madre i laboratori delle associazioni SkartAbelliamo, BandaBaleno, Dedalus, Centro Insieme, La Casa dei Cristallini e dell’artista muralista RARO.
“Ho voluto una factory permanente di inclusione per sostenere e far crescere la creatività dei più piccoli – ha spiegato la Valente – se i musei e le istituzioni culturali, soprattutto quelle che percepiscono finanziamenti pubblici, non aiutano a comprendere il mondo che ruota attorno alle loro mura e soprattutto a includerlo, non si realizza la loro reale vocazione. È per questo che lavoreremo con tutti i bambini, da Scampia a Chiaia, passando per Forcella, mettendo in comunicazione mondi che coesistono e che spesso entrano in conflitto, soprattutto quando si sentono minacciati da una convivenza forzata che non capiscono. Ora per tutti loro c’è un luogo in cui sentirsi comunità, il Madre. Nello spirito festoso che ha trasmesso Felice Pignataro”. Tre i laboratori rivolti a ragazzi dai 7 ai 17 anni, interamente gratuiti, sulle tecniche per realizzare i murales e i mosaici, il riciclo creativo, la lavorazione dell’argilla, i costumi e la Murga, forma di arte di strada tipica del carnevale di Buenos Aires che da anni è stata adottata dal Corteo di Carnevale di Scampia, giunto alla 36/a edizione. Fino al 3 settembre si potranno vistare la Project Room e l’atrio del museo che accolgono materiali prodotti da Pignataro (“che preferiva definirsi un artigiano” ha ricordato Mirella, inaugurando la mostra con il direttore del museo Andrea Viliani) a partire dagli anni Ottanta, fino alla scomparsa nel 2004: striscioni e teloni dipinti che rappresentano storie, popolari, maschere di cartapesta e di poliuretano espanso – come San Ghetto Martire-Santo Protettore delle Periferie – sculture realizzate con materiali di riciclo, manifesti linoleografati e stampati in proprio. Il Carnevale di Scampia è solo una delle molte iniziative, forse la più iconica, attraverso le quali GRIDAS riprende anche la lezione di artisti il cui lavoro è dissolto nel contesto sociale, come Piero Gilardi a Torino, le cui opere sono al Madre. Pignataro le definiva “pronto soccorso culturale”. E fra le Vele di Scampia i bambini incontreranno l’artista statunitense Cecile B. Evans, autrice di Amos’ World (Episode 3), con il sostegno di Nicoletta Fiorucci.
Felice Pignataro è nato a Roma il 6 febbraio del 1940. Cresciuto a Mola di Bari, si è trasferito a Napoli nel 1958 per studiare all’Università, alla facoltà di Architettura prima, poi di Teologia.
A Napoli ha alloggiato al Collegio Newman, della F.U.C.I., di cui è stato direttore per diversi anni, fino al 1972. Dal 1967 ha portato avanti, insieme alla sua compagna Mirella, una controscuola per i bambini delle baracche, prima al Campo A.R.A.R. di Poggioreale, poi all’I.S.E.S. di Secondigliano.
Sposatosi con Mirella nel 1972, si è stabilito definitivamente a Scampìa (periferia nord di Napoli) da dove ha continuato a mettere le sue enormi capacità artistiche al servizio degli “ultimi”. Nel 1981, con Mirella e altri, ha fondato l’associazione culturale GRIDAS (gruppo risveglio dal sonno) allo scopo di offrire strumenti per risvegliare le coscienze assopite. Nell’ambito delle attività svolte con il GRIDAS ha realizzato oltre 200 murales in giro per l’hinterland napoletano, ma anche nel resto d’Italia. Inoltre, ha creato a Scampìa il carnevale di quartiere divenuto una tradizione in oltre 36 anni di attività.
É stato un punto di riferimento importante per gruppi e associazioni in lotta che lo hanno trovato sempre disponibile a supportare le proprie battaglie con la sua poliedrica arte creativa.
Dal 1994 ha applicato anche la tecnica del mosaico, realizzato con mattonelle spaccate alla maniera di Antoni Gaudì, realizzando opere in Italia e a Marxloh-Duisburg, in Germania.
Felice è morto a Napoli per un tumore polmonare, lasciando il suo “testimone” a tutti quelli che l’hanno conosciuto e sono stati “contagiati” dalla sua creatività messa al servizio del riscatto sociale.
Negli ultimi giorni Felice aveva in mente di realizzare un quadro, ispirandosi all'”Entrata di Cristo a Bruxelles” di J. Ensor. Ma lui pensava a “Una entrata di Cristo a Scampia”. Stava quindi preparando delle “faccine” incollando i vari pezzi (occhi, nasi, bocche) ricavati da ritagli di pelle colorati.
Di faccine ne aveva già preparate a centinaia, ma il quadro non è arrivato a realizzarlo.
“Noi contribuiamo a “L’uscita di Felice da Scampia” – mi dissero la moglie Mirella e i figli Luca, Martina e Giovanna – regalando a te e a chi gli ha voluto bene una delle sue faccine”. La conservo ancora gelosamente. E con questa una frase che mi sono scolpita nell’anima: “…ma c’è speranza!”, scritta da Felice sul murale di Punta Vagno a Genova, il 20 luglio del 2001 sotto il tiro incrociato dei lacrimogeni…