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Un’Europa progressista?

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Centouno anni fa, volendo attribuire una data di nascita al comunismo, una rivoluzione che intrecciava povertà reale e lotte intestine nella corte dello Zar a una crisi europea culminata in una grande Guerra, tenevano a battesimo un’idea vecchia come il mondo: l’ugualianza al potere. L’idea malcomposta e non sempre perfettamente intesa della socialità soffiava l’alito di vita al socialismo. Rientravano vincitori esiliati ormai famosi, la guerra interna – come tutte le guerre civili – ridistribuiva le carte preparando il passaggio inevitabile dal sogno all’incubo, dall’ideale del socialismo equo e reale allo Stalinismo sanguinario e autoritario.

Scorrendo la mappa dei sentimenti dell’Europa di oggi i colori caldi del socialismo (oggi spicciativamente le chiamano sinistra e centro sinistra) si stanno spegnendo un po’ ovunque. Restano, fino alle prossime elezioni dopo gli scandali emersi recentemente, sulla mappa della Spagna e si accendono di un rosso carico sul Portogallo (buen ritiro per pensionati fiscalmente riottosi). Poi ci sono altri scampoli dell’ex Unione sovietica, posti buoni per far nascere fabbriche low cost fidando su un comando di ferma chiarezza, chiamiamola così, per non permettere che vincano wodka, colla da sniffare, droga e malavita.

Il sogno a sinistra in Italia è finito ma dove sono finiti i sognatori? Non si sono spostati, non sono emigrati tutti in un’isola lontana, ormai nemmeno tanto grande, tra economie rurali equo solidali, girandole eoliche e sandali di corda finemente intrecciati. Sono rimasti qui cambiando progressivamente idea, ecco la chiave dell’idea progressista. Piano piano passare da una sinistra tumultuosa e prolifica di idee strampalate, ma comode ed efficaci, una su tutte la “Maria” non fa male e l’atomo uccide, a una concretezza persino fastidiosa tanto è destrorsa: quella del lasciamoli fare. Lasciamo che populismo e dilettantismo vadano felicemente al potere, se va bene ci abbassano comunque le tasse, ci danno un reddito di cittadinanza e spianano la Fornero con la sua legge che costringe ad avere pochi anni pensione residui tra l’ultimo giorno di lavoro e il primo da salma fresca di giornata.

Male che vada torniamo a votare e la coscienza civile magari la rispolveriamo lì, se non c’è di meglio da fare. Renzi e la sua deriva destro democristiana l’abbiamo alle spalle – pensaranno i tanti usciti progressivamente dai cinema d’Essai a riscoprire Bombolo e Cannavale, Banfi e Fenech – e la nuova sinistra può essere anche a destra, nella nuova Lega che sembra più solida di quella vecchia, o nella facciotta da giovane posteggiatore in grado di cantare di Luigi Di Maio.

Il futuro, sempre scomodo in grembo a Giove, è un puzzle complesso, l’Europa stravince sull’Italia prendendosi rivincite antiche. Ci lascia soli davanti all’immigrazione, alla conta degli annegati e abbandonati in mare, soli davanti al tiro a segno fatto su immigrati (peraltro residenti in Italia) rei di cercare due latte ondulate per farsi un riparo e tentare una parvenza di casa. In economia restiamo altrettanto soli davanti alla mancanza di risorse energetiche così come, sebbene le parole di Junker siano state abbondantemente travisate, restiamo soli davanti alla corruzione, alle mafie, alla disoccupazione. In fondo soli anche davanti all’Europa stessa che prende così il primo sorso di quel veleno che prima poi la ucciderà… progressivamente.


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