Soumaila non stava rubando niente. Non era un ladro. Ma un ragazzo di 29 anni del Mali, che aveva un regolare permesso di soggiorno. Lavorava. Era un bracciante agricolo nella piana di Gioia Tauro, dove le persone, italiane e soprattutto straniere, vengono sfruttate nei campi. Sì, sfruttati dalla ndrina, dalla mafia di cui non si parla mai. E che lui combatteva ogni giorno.
Perché Soumaila era un attivista sindacale, dell’usb. Un ragazzo da sempre in prima fila nelle lotte per difendere i diritti dei braccianti agricoli sfruttati nella Piana di Gioia Tauro e costretti a vivere in condizioni fatiscenti nella tendopoli di San Ferdinando.
Era con due compagni, tutti con regolare permesso di soggiorno. Stavano raccogliendo delle lamiere abbandonate, quando si è fermata una Panda a una sessantina di metri. Dall’auto è sceso un tizio armato di fucile. Ha iniziato il tiro al bersaglio, la caccia all’uomo. Fuoco su fuoco, fino a quando non sarebbe bastato.
Soumaila è stato ucciso a fucilate, gli altri due sono rimasti feriti. E non c’è nessuna ipotesi di furto, come confermano gli inquirenti, visto che si trattava di materiale abbandonato, senza nessun proprietario.
Italia, cara Italia, non fare finta di niente. Non tornare indietro, non avere paura, non stare con i nuovi potenti, stai lontana dagli imprenditori dell’odio che hanno creato questo clima. Arriverà un momento in cui sarà troppo tardi, in cui ci vergogneremo di aver titubato. Non girarti dall’altra parte, cara Italia, battiti perché Soumaila abbia giustizia e per impedire a politici razzisti di continuare a diffondere odio. Perché l’odio genera violenza, la violenza, morte. Resisti, cara Italia, resisti e lotta per l’umanità, prima che sia troppo tardi.
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