Peppino Impastato.
Marcello Palmisano,
Giancarlo Siani,
Giovanni Spampinato,
Walter Tobagi.
Pippo Fava.
Questi nomi, sono solo una piccola rappresentanza di giornalisti uccisi dalle mafie.
Non erano soltanto cronisti: erano madri, padri, figli o figlie che hanno lasciato su questa terra, decine di famiglie nel dolore più profondo.
Molti li chiamano eroi, altri martiri.
A noi piace ricordarli come persone, colleghi e professionisti che hanno sacrificato la loro vita per il Servizio Pubblico e la libertà di informazione.
E non importa per quale testata o televisione appartenessero.
Loro erano e rimangono la definizione più alta e nobile del Servizio Pubblico.
Ci chiederete il senso di questo post, oggi. No, non c’è nessuna ricorrenza, nessuna corona di fiori commemorativa da riporre su qualche muro o marciapiede di qualche città Italiana.
Vogliamo ricordarli adesso, oggi, perché la loro memoria è stata vilipesa. Ma non direttamente: non troverete nessun commento o dichiarazione diretta contro di loro.
Leggerete però sulle pagine dei giornali e siti web italiani un qualcosa di molto più subdolo e grave, un attacco a chi, come loro, ha deciso di seguire le orme di quei colleghi.
Parliamo di Roberto Saviano, il quale di attacchi e minacce, purtroppo, ne ha ricevuti talmente tanti che ormai, sembrano esser diventati la normalità.
Ma l’eccezione a questa maledetta routine, a provocare ancor più male, è quando a minacciarti è lo Stato.
Allora cambia tutto, profondamente, perché l’orrore compie un ulteriore maledetto salto di qualità.
Quando il Ministro degli Interni di questa Repubblica, minaccia di togliere la scorta ad un giornalista pluriminacciato dalle mafie perché quest’ultimo dissente politicamente da lui, diviene quanto mai palese che il fascismo e l’atteggiamento mafioso è ancora vivo tra noi.
Che a distanza di 73 anni l’adagio “chi non è con noi è contro di noi” è tornato più forte prima.
Così come capitato a Peppino, Walter e tutti gli altri non ci stupiremo se, solo dopo un fatto grave, un assassinio o un attentato, l’opinione pubblica, le associazioni, organizzeranno fiaccolate o la politica dichiarerà lutto nazionale,
Immaginiamo i milioni di post su Facebook che celebreranno il coraggio, sempre post mortem, di colui che invece, ancora in vita, andava sostenuto e protetto. Falcone e Borsellino diventano pannicelli caldi per giustificare l’oblio.
Noi non vogliamo essere semplicemente al fianco di Roberto Saviano, noi vogliamo celebrare OGGI Roberto Saviano ed il suo coraggio di raccontare le mafie di questo paese. Perché è più facile, dagli scranni del Viminale, parlare di 400 disgraziati su un barcone, anziché delle più potenti, ricche, crudeli e spietate organizzazioni malavitose al mondo.
Tutte rigorosamente “Made in Italy”, caro Ministro Salvini.
Noi di RAI BENE COMUNE sosteniamo con tutta la nostra forza, oggi più che mai, Roberto Saviano.
La RAI, il Servizio Pubblico, è la casa di Saviano e di tutti quei giornalisti coraggiosi e liberi. Il servizio pubblico deve essere al servizio della libertà di pensiero e non del mafioso interesse privato.
E ci batteremo perché qui, tra le mura della più grande azienda culturale di questo Paese, nessuno possa sfiorarti, né tanto meno minacciarti.
Nessuno, caro Roberto!