80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Salviamo internet

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Buongiorno, o buon pomeriggio o ancora buonasera, a seconda di quando vi accingerete a leggere queste mie righe. Mi chiamo Marco Renzi, sono un giornalista, da alcuni anni scrivo su questo blog e da poco meno di tre anni sono anche presidente dell’Associazione Libertà di Stampa Diritto all’Informazione (Lsdi) che di questo blog è editore da quasi quindici anni e da sette realizza il festival sul giornalismo digitale “digit”. Perdonate l’uscita a gamba tesa e la presa di posizione personale ma la materia del contendere è così spinosa e volgare – intesa proprio come lurida –  dal costringermi a sperare di essere querelato e forse  processato e poi ancora imprigionato, insomma in poche parole spero di essere martirizzato, di servire da esempio per impedire lo scempio che quattro o quaranta o quattrocento politici di vari paesi europei stanno per compiere contro la   “libertà di stampa” o meglio ancora contro la  “libertà” di tutti noi affossando “la rete” con un solo pesante manrovescio legislativo ben assestato.

Questo il testo integrale  dell’ Articolo 13 – della  nuova legge europea sul diritto d’autore nel mercato unico digitale – quello più assurdo e riprovevole, a mio avviso:

Articolo 13

Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti

1.I prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno pubblico accesso a grandi quantità di opere o altro materiale caricati dagli utenti adottano, in collaborazione con i titolari dei diritti, misure miranti a garantire il funzionamento degli accordi con essi conclusi per l’uso delle loro opere o altro materiale ovvero volte ad impedire che talune opere o altro materiale identificati dai titolari dei diritti mediante la collaborazione con gli stessi prestatori siano messi a disposizione sui loro servizi. Tali misure, quali l’uso di tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti, sono adeguate e proporzionate. I prestatori di servizi forniscono ai titolari dei diritti informazioni adeguate sul funzionamento e l’attivazione delle misure e, se del caso, riferiscono adeguatamente sul riconoscimento e l’utilizzo delle opere e altro materiale.

2.Gli Stati membri provvedono a che i prestatori di servizi di cui al paragrafo 1 istituiscano meccanismi di reclamo e ricorso da mettere a disposizione degli utenti in caso di controversie in merito all’applicazione delle misure di cui al paragrafo 1.

3.Gli Stati membri facilitano, se del caso, la collaborazione tra i prestatori di servizi della società dell’informazione e i titolari dei diritti tramite dialoghi fra i portatori di interessi, al fine di definire le migliori prassi, ad esempio l’uso di tecnologie adeguate e proporzionate per il riconoscimento dei contenuti, tenendo conto tra l’altro della natura dei servizi, della disponibilità delle tecnologie e della loro efficacia alla luce degli sviluppi tecnologici.

La rivoluzione digitale qui a bottega non è mai stata trattata come mera transizione tecnologica, da sempre ci siamo occupati del cambiamento provando ad affrontarlo ed a spiegarlo come profondo mutamento culturale. Nel giornalismo tema che studiamo dall’inizio della nostra avventura, la rivoluzione digitale oltre a portare grande sconquasso e a far naufragare il modello industriale imperante, ha anche aperto  – a nostro avviso –  una nuova era, rivoluzionaria e portatrice di più grandi responsabilità per chi svolge questa professione. Non sta più nel cercare le notizie e nel divulgarle in prima battuta ( la sindrome dello Scoop ) il lavoro primario della nostra categoria, ma dentro la difesa della libera circolazione delle informazioni, di tutte le informazioni possibili per una corretta formazione della pubblica opinione. Questo a nostro avviso il tema davvero portante per rilanciare la nostra professione e il comparto industriale dell’informazione nell’epoca odierna da noi stessi definita: quella  della società degli algoritmi dove i contenuti di ogni tipo prima di essere veri, falsi o verosimili rischiano di non essere più tali poiché soggetti ad un controllo preventivo da parte dell’intelligenza artificiale comandata in automatico da stringhe di codice. Un controllo esercitato da pochi e in forma preventiva e dopo l’eventuale entrata in vigore di queste nuove norme anche per legge.

Del resto con toni molto pacati, molto più pacati dei miei e suggerendo pratiche facilmente attuabili e comodamente praticabili pur rimanendo nell’ambito del politically correct in un articolo sul tema così si esprime la responsabile per la Normativa e la Regolamentazione di Assotelecomunicazioni Marta Minozzi a proposito proprio del rischio di  “censura preventiva” dei contenuti:

“Si pensi, ad esempio, alla proposta di creazione del cosiddetto “neighbouring right”, ovvero un nuovo diritto a favore degli editori (si badi, non degli autori!), una soluzione che – dove è stata introdotta – non ha avuto successo e piuttosto ha penalizzato il pluralismo dell’informazione ed il traffico internet verso gli editori minori; oppure ai reiterati tentativi di alterare il quadro di responsabilità previsto dalla direttiva e-commerce, con il rischio continuo di scivolare verso una rete popolata di filtri preventivi, con ovvi danni per la filiera del digitale, la libertà di iniziativa economica ed i principi che reggono il settore delle comunicazioni”.

I politici che stanno per compiere il solenne scempio sono i parlamentari europei che,  probabilmente il prossimo 2 luglio,  –  la data è già slittata più volte – dovranno pronunciarsi sull’approvazione di  una legge folle che con la scusa di tutelare un pochino meglio i diritti degli autori online  darebbe “d’emblée” “tutto d’un tratto” e senza alcuna reale giustificazione oggettiva, se non forse per la pressione di alcune lobby di potere molto potenti a quanto pare, (ma vi assicuro che anche di fronte a pressioni di questo tipo e agli interessi che ne conseguono, è davvero difficile immaginare che da uno scempio del genere possa guadagnarci qualcuno),  darebbe piena e totale facoltà alle OTT, meglio note come techno-corporation, insomma ai padroni degli algoritmi, di decidere quali  siano i contenuti che noi poveri utenti possiamo o non possiamo pubblicare su internet… Continua su lsdi


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