Sembra proprio che sia così. La nostra tanto lodata Costituzione è inadeguata ai tempi che corrono. E il giorno che decidessimo di applicarla, come molti si ostinano a chiedere, diventerebbe probabilmente un impiccio. E badate: non tanto per la seconda parte, a cui si riferiva la bocciata riforma del governo Renzi. No, proprio per la prima, quella programmatica che elenca diritti e principi fondamentali della Repubblica.
Ce lo faceva capire ieri, con esemplare chiarezza, un bravo commentatore del Corriere della Sera, Massimo Franco. Nell’articolo di fondo di prima pagina, quello che nel titolo richiama Lega e Cinque Stelle al “dovere di essere credibili”, avverte di non illudersi con l’inconsistenza di opposizioni che “non hanno denti politici”, perché “la vera opposizione non sarà quella parlamentare”. M5S e Lega “saranno stretti tra mercati finanziari e opinione pubblica amica. I primi, composti in buona parte da banche e privati italiani che detengono una grossa quota del debito pubblico, debbono essere rassicurati per continuare a finanziarlo”. Mentre l’opinione pubblica “è popolata da elettori sovraccarichi di attese dopo le mirabolanti promesse su flat tax e reddito di cittadinanza”.
I cinque stelle, soprattutto, hanno ripetuto più volte che intendono realizzare la Costituzione, che però esige, come è noto, “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art.2), la rimozione degli “ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art.3), il riconoscimento a tutti i cittadini del diritto al lavoro e la promozione delle “condizioni che rendono effettivo questo diritto”(art.4), la promozione dello “sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione (art.9) ecc.ecc. E’ probabile che i nostri padri costituenti non avessero ancora preso in considerazione la difficoltà di rendere compatibile tutto questo con il dovere dello Stato di rassicurare anzitutto i mercati finanziari, in particolare – come ricorda Massimo Franco – le banche e i privati italiani che detengono una grossa quota del debito pubblico. Deve essere per questo che a oltre mezzo secolo dalla firma solenne del nostro Patto Costituzionale qualcuno si ostina a chiedere di realizzarlo.
Oppure non è così. Oppure i nostri padri costituenti, nutriti di pensiero liberale ma soprattutto cristiano e socialista, non avevano semplicemente previsto la subalternità della politica e dei governi al capitalismo finanziario che domina ora in tutto l’occidente. Dove, dalla Thatcher in poi, il mito della “mano invisibile” del mercato sembra aver riacciuffato, dopo la durissima crisi del ’29, anche i Paesi che avevano cercato di liberarsene con una politica socialdemocratica o quanto meno dirigista. “La gente – aveva scritto John Maynard Keynes – crede che gli economisti, gli esperti di economia, siano delle persone utili e innocue, e invece sono spesso dei pazzi che distillano le loro frenesie ispirandosi a qualche scribacchino morto prima di loro, ma riescono sempre, perché il potere degli interessi costituiti è sempre vincente su quello delle idee”.
E così è stato. Il laburista Blair, succeduto alla Thatcher, non ha voluto o saputo impedire che le bizze e le speculazioni di un mercato alieno, sempre più lontano dall’economia reale, riprendessero a produrre disuguaglianze crescenti. E così anche le sinistre di altri paesi europei, il nostro compreso, abbandonate in questi anni dalle classi lavoratrici in cerca di protezione sociale. Non è stato difficile far passare la falsa opinione che sinistra e destra fossero concetti obsoleti, da superare in nome di un generico pragmatismo. Come quella che l’unica scelta da fare tra i partiti sia tra quanti si riconoscono nel “sistema” o nell’”anti-sistema”. Populisti e “sovranisti” sarebbero anti-sistema? Considerato quanto detto più sopra, magari lo fossero. Vorrebbe dire che ci sarebbe ancora una maggioranza parlamentare in Italia intenzionata a cercare in Europa le alleanze necessarie per imporre, come dichiarano di volere, “un’Europa più forte e più democratica”, dove la politica tornasse a guidare l’economia e non viceversa.
Temo invece che i tre caballeros, Conte, Di Maio e Salvini, rappresentino, come ha detto ieri Prodi, “una soluzione di destra con blocchi di idee inconciliabili al governo insieme”. Prendiamo ad esempio la Flat Tax, introdotta nel “contratto” dalla Lega. Che non rispetti la progressività prevista nella Costituzione è evidente, ma non è un desiderio di giustizia sociale che le impedirà di trovare consenso nell’opinione pubblica conservatrice. Come ha scritto ieri Antonio Polito sul Corriere della Sera “da molto tempo chiunque governi sa che il ‘giusto’ e l”ingiusto’ in un sistema fiscale non sono categorie morali, ma vanno valutate in base agli effetti che producono sulla crescita”. E poi, aggiunge più avanti Polito, qualcuno invita a contare su “l’efficacia del ‘trickle down’ e cioè dello ‘sgocciolamento’, teoria secondo la quale se riempi un bicchiere (la società) di acqua (la ricchezza), prima o poi ne sgocciolerà un po’ verso il basso (i poveri), e tutti staranno meglio”. Proprio come accade, secondo una parabola del Vangelo, alla porta del ricco epulone, dove “un mendicante di nome Lazzaro” giaceva, coperto di piaghe, “bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco”. Non esattamente quello che proponevano i nostri padri costituenti.