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Paolo Borrometi in aula come teste per le minacce di De Carolis

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Ecco cosa succede a chi racconta la mafia. Presidio di giornalisti davanti al Tribunale di Siracusa

Minacciato con metodo mafioso: ecco cosa succede a un giornalista che prova a raccontare la Sicilia più dura e difficile. Ed è ciò che è accaduto a Paolo Borrometi che lunedì 11 giugno sarà sentito come teste nel processo in corso a carico di Francesco De Carolis, il quale il 19 novembre 2017 ha inviato un messaggio al giornalista in cui affermava : “Gran pezzo di merda, appena vedo di nuovo la mia faccia, di mio fratello che oggi è la corona della mia testa, in un articolo tuo, ti vengo a cercare fino a casa e ti massacro. E poi denunciami sta minchia, con le mani non c’è il carcere, pezzo di merda te lo dico già subito”. Quindi: o smetti di raccontare la mafia o ti massacro. Non c’era una terza via. Invece c’è stata: Paolo Borrometi ha denunciato tutto e ora si dovrà stabilire la gravità dell’affermazione in sede giudiziaria con conseguenti valutazioni in ordine alla pena. Chi è Francesco De Carolis? In qualche modo lo dice lui stesso nel messaggio minatorio. Si tratta del fratello di Luciano De Carolis, che si ritiene (con sentenza) sia associato al clan Bottaro-Attanasio. E infatti Francesco De Carolis nel procedimento che va in aula l’undici giugno è accusato dalla Procura Distrettuale di Catania di minacce gravi e violenza privata nei confronti di Borrometi aggravate dal metodo mafioso e dall’aver agevolato il clan al quale appartiene il fratello. Paolo sarà sentito come teste e potrà spiegare perché si è occupato di questa storia, semplicemente perché quello è il suo lavoro essendo , direttore del sito LaSpia.it e collaboratore dell’Agi. A poche ore dall’inizio dell’udienza Paolo Borrometi ha detto: “Stringetevi a me lunedì, ne ho bisogno”. Certo! E sarà un abbraccio forte. Alle 10 davanti al Tribunale di Siracusa, dove si celebra il processo, si terranno una conferenza stampa e un presidio voluto da Fnsi, Usigrai, Associazione Stampa Siciliana, Ordine nazionale e Ordine regionale dei giornalisti, Libera, Cgil, Articolo21, la nostra associazione, di cui Paolo Borrometi è presidente. Sono anni che Paolo viene letteralmente perseguitato per i suoi puntuali reportage sulla mafia in Sicilia e si è arrivati ormai a quindici processi contro chi lo minaccia e lo vorrebbe, letteralmente, morto. Lui non solo non si è mai stancato di raccontare ma ha, altresì, sempre trovato il coraggio di denunciare e dunque di adempiere ad un dovere civico oltre che professionale. Ciò nonostante non si può eludere il nodo di questa e di altre storie di minacce ai giornalisti, ossia il fatto che sempre più i cronisti sono “parte” dei processi e non solo spettatori e diventano vittime di reati gravissimi per il fatto di svolgere il loro lavoro. Paolo Borrometi è uno dei molti (troppi) giornalisti italiani sotto scorta. Un lavoratore cui si vuole impedire di lavorare in una Repubblica fondata sul lavoro. Anche per questo saremmo tutti a Siracusa lunedì, chi non potrà esserci fisicamente lo sarà idealmente se crede nella libertà di espressione e nel lavoro.


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