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Misteri italiani e “poteri occulti”

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Si incontra spesso l’espressione ‘poteri occulti’, Bobbio li chiamava poteri invisibili.
Nel discorso pubblico, infatti, quando ci si affanna a raccontare le trame che hanno attraversato la storia del nostro Paese, non avendo quasi mai, purtroppo, un finale adatto al bisogno di comprensione e di giustizia, di frequente si fa riferimento ai ‘poteri occulti’.
Come spiegare questa categoria politica drammaticamente, diremmo fatalmente, adatta al caso italiano? Già, perché certe volte sembra che si voglia trovare una chiave buona per tutte le storie, affascinando l’ascoltatore, incuriosito da un concetto tanto prepotente quanto inafferrabile.
Come se, ad esempio, raccontando la strage di Capaci, si voglia dirottare l’attenzione del lettore parlando di quei pochi granuli di pentrite, la punta di un cucchiaino di zucchero, riscontrati nella prima perizia dell’FBI, l’ente americano che ancora oggi ci chiediamo cosa abbia fatto per capire la natura di quella strage. Ma quella perizia la fece. E la pentrite certificò che c’era. Chi la mise? Non lo sappiamo ma possiamo dire con ragionevole certezza, oltre ogni ragionevole dubbio, che non furono gli uomini di Totò Riina.
Se vogliamo ricordare quel 19 luglio del 1993, a Palermo, come possiamo spiegare che, pochi giorni prima, nel garage di Palermo dove gli uomini dei Graviano riempiono di esplosivo la piccola auto allestita per il grande botto, c’è un uomo che il boss Gaspare Spatuzza non conosce? Uno che è fuori dal giro delle famiglie, uno che non può descrivere, si dice non in grado, perché, guarda la coincidenza, in quel momento guardava in basso, aveva lo sguardo in giù. “Mi dispiace, non so chi fosse”.
Ha parlato, ha detto tanto Gaspare, si è pentito pure di fronte al suo Dio ma niente, quel volto proprio non può ricordarlo. Del resto, proprio lui, si fece una risata quando sentì parlare di una donna nel commando della strage che colpì Milano, quel 27 luglio che l’Italia passò sotto le bombe, quelle che si mangiarono la prima Repubblica. Solo che ha poco da ridere Spatuzza, perché lui a Milano quella sera non c’era, che può saperne lui? E una donna che va a mettere bombe può star bene nei manuali della Guerra Fredda ma non in quelli di Cosa nostra.
Potremmo proseguire, la lista è lunghissima. Per questo può essere utile circoscrivere il tema dei “poteri occulti”, nel tentativo di dargli concretezza, di sfilargli l’aura della inafferrabilità. Perché, sfuggente, quell’espressione è ricorrente e, ahinoi, essenziale per comprendere il nostro Paese. Anche la più prudente valutazione storica, ormai, dovrà tenerne conto nella descrizione delle faccende italiane, a meno di non scivolare nella reticenza, con il rischio di una grave perdita di dati di realtà. Perché i poteri occulti hanno modificato, fino ad alterarla profondamente, l’agenda politica del nostro Paese.
Si leggono spesso articoli importanti, soprattutto sulle pagine del Corriere della sera, con titoli decisi: Demagogia da sfatare, oppure Processo (infinito) allo Stato.
Ci si spiega che i misteri, a ben guardare, hanno sempre una storia semplice che li precede, oppure che sono stati allevati da una perversa passione. Che non si può processare lo Stato, almeno senza fare nome cognomi, perché senno di finisce a parlare troppo genericamente di “entità”. Come se lo Stato fosse una persona precisa, come nel Ventennio.  O come se i meccanismi perversi della destabilizzazione consentissero ancora oggi una chiara ricostruzione in sede giudiziaria o storica (se gli storici si affidano solo fonti ufficiali come possono raccontarci la Guerra Fredda?) di quel che ha attraversato un paese frontiera, uno Stato lacerato tra una costituzione materiale, che ci poneva ferreamente dentro l’Alleanza Atlantica, membro essenziale, e una costituzione formale che dettava regole perfette, giusto tributo alla Resistenza e ai suoi protagonisti.
E ancora. Gli eventi criminali sono stati pianificati insieme a strategie di disinformazione che hanno reso impossibile nell’immediatezza degli eventi la ricomposizione del quadro di realtà, o perché alcuni elementi investigativi non venivano adeguatamente cercati, se non addirittura cancellati. Cioè, a causa di una grande operazione di depistaggio e disinformazione che simbolicamente può essere rappresentata da tre fatti: l’occultamento della verità sulla morte del bandito Salvatore Giuliano (1950), la scelta investigativa fatta dalla Procura di Milano di non seguire la pista dei neofascisti veneti, individuata dal commissario padovano Pasquale Juliano, dopo la strage di Piazza Fontana (1969), la costruzione del falso pentito Scarantino che ha imposto per anni una verità “surrogata” sulla strage di via D’Amelio (1992). Non è un caso se questo Paese, patria dei depistaggi, solo nel 2017 si è dotato di una legge che punisce duramente i pubblici ufficiali che li attuano – secondo alcuni la norma è troppo blanda ma oggi c’è.
La tematica dei poteri occulti, in un Paese che ha subito una brutale e lunga strategia della tensione – espressione coniata nel ‘69 ma poi diventata dannatamente attuale nelle vicende del nostro Paese – non può essere esiliata nell’inutile sfera del complottismo.
I tre motivi essenziali per i quali essa ha trovato ‘perfetta’ cittadinanza nel nostro Paese sono noti: 1. la straordinaria forza delle mafie locali e dei gruppi massonici acquisita, sin dalla nascita del Regno, grazie al favore di una borghesia sciatta e parastatale che preferì l’alleanza con l’illegalità piuttosto che sposare le aspirazioni ai valori democratici; 2. la grande operazione di travaso degli uomini del regime fascista nei gangli nella nascente Repubblica, affinché fossero mitigati e sorvegliati gli animi più innovatori; 3. la ‘gemmazione’ di strutture e organismi illegali figli della <<guerra psicologica>> attuata in Italia sin dall’immediato dopoguerra fuori da ogni forma di ufficialità, come prova la scarsità esistenza di documenti, e all’origine dell’abuso della politica segreta.
E’ indispensabile, perciò, ragionare intorno a questo argomento che non appartiene ad una vicenda criminale complessa: essa è un segmento criminale della storia di questo Paese. Inoltre, la questione è sempre più attuale di fronte al prepotente dilagare di organismi non elettivi e non soggetti a forme di controllo democratico che ripropongono in modo drammatico e urgente il tema dei poteri invisibili e del danno irreparabile agli ingranaggi democratici.

Da mafie


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