Milano sempre più LGBT friendly. Mentre il capoluogo lombardo si prepara alla parata del Pride 2018, che vedrà attivisti, associazioni e sostenitori dell’uguaglianza di genere scendere in strada per sostenere i diritti civili di persone gay, lesbiche, bisex e transgender, in questa settimana il calendario è ricco di eventi a tema per sensibilizzare la cittadinanza a questi temi, in un’ottica di inclusione.
Tra questi martedì scorso, a pochi metri dalla centralissima San Babila, e non distante dal quartiere Porta Venezia, al ‘Chicco Bistrot’ di Piazza Meda si è tenuta una serata di presentazione dell’associazione Milano Rainbow District, affiliata alla Camera di Commercio e Imprese meneghina, già presente con alcuni appuntamenti arcobaleni durante la settimana del Salone del Mobile.
“La vocazione della nostra associazione è quello di dare slancio all’area del Lazzaretto – spiega ad Articolo21 Massimo Luigi Ernesto Poggi-Salvaneschi, consigliere e tesoriere dell’associazione- Per molti anni la movida gay delle vie che costeggiano Corso Buenos Aires è stata vista con sospetto dalla cittadinanza, noi vogliamo lanciare un messaggio di inclusione e di un dialogo con gli abitanti della zona. In passato la zona è stata scenario di delinquenza e di disagio sociale: grazie alla movida LGBT la zona è tornata ad essere vissuta anche di sera, rendendola anche più sicura. Proseguendo su questa strada vogliamo continuare il dialogo con i cittadini e lavorare verso il grande evento che coinvolgerà la città fra due anni, nel 2020”.
Nel 2020 infatti Milano sarà “Città aperta” e accoglierà la 37esima convention di Lglta, l’associazione internazionale del turismo gay e lesbian, battendo durante la fase di assegnazione città del calibro di Londra, Bruxelles, Tel Aviv e Sydney. “Sarà un grande momento per la città, soprattutto dal momento che sarà chiaro che il turismo e il commercio LGBT hanno delle importanti ricadute sull’economia locale” continua Poggi-Salvaneschi.
Non ha nascosto soddisfazione Carmela Rozza, ex assessore alla sicurezza e alla coesione sociale del Comune di Milano, che l’anno scorso ha supportato gli organizzatori del Pride nel garantire che la manifestazione si svolgesse in totale sicurezza: “Io da cittadina del quartiere quando torno a casa la sera non ho paura perché è una zona vissuta – commenta Rozza- se proprio devo lamentarmi di qualcosa è la mancanza di parcheggi (ridendo, nda)”.
Riuscirà Milano Città Aperta 2020 a dimostrare che l’inclusione non ha solo un alto valore sociale ma anche economico per la città?