“Essere giovani e donne costituisce ancora un doppio svantaggio nel mercato del lavoro”. E’ questo il dato che emerge dalla ricerca promossa da IREF Acli e Coordinamento Donne Acli. Quando arrivano ai vertici delle piramidi, le donne restano un passo indietro. Le richieste al nuovo governo
ROMA – “Essere giovani e donne costituisce ancora un doppio svantaggio nel mercato del lavoro”. Questo il dato che emerge dalla ricerca promossa da IREF Acli e Coordinamento Donne Acli, “Valore lavoro. Strategie e vissuti di donne nel mercato del lavoro”, che verrà presentata oggi in Senato.
“Il dato più allarmante – osserva Agnese Ranghelli, sociologa e responsabile nazionale del Coordinamento Donne Acli – riguarda la propensione femminile al lavoro in deroga”. Rispetto ai coetanei, “le donne lavoratrici sono altamente propense (ben 8 punti percentuali in più) ad accettare condizioni lavorative penalizzanti, dequalificanti, laddove non irregolari e vessatorie, in deroga, appunto ai propri diritti. E questo avviene nonostante una maggiore sensibilità verso le tematiche di tipo sindacale, sociale ed associativo”, prosegue la Coordinatrice.
Questo dato è significativo di un perdurare di stereotipi che “condizionano per prime le donne stesse”. osserva Ranghelli. D’altra parte, aggiunge, “sono il 60% le donne intervistate che percepiscono il proprio lavoro come insicuro, a fronte del 47,5% dei lavoratori”. Ciò è pesantemente inficiato dalla ragionevole certezza femminile che il lavoro di cura, che resta in carico alle donne nella quasi totalità dei casi, prima o dopo determinerà, se non la fuoriuscita, senz’altro penalizzazioni sul lavoro.
“Gli stereotipi, i condizionamenti, i tradizionali modelli di ruolo determinano non solo le possibilità di avanzamento di carriera delle donne, ma persino il loro ingresso nel mercato del lavoro e le loro decisioni: il 32,2% delle giovani ha affermato di essersi fatta condizionare dal partner nella scelta occupazionale, a fronte del 24% dei coetanei maschi”, osserva Ranghelli. Insomma, ha affermato, “restiamo un po’ nemiche di noi stesse, influenzate, nelle scelte, anche dalle indicazioni materne”.
Ruoli chiave e aree inaccessibili. Ci sono professioni chiave, come quella dell’insegnante, che restano in larga parte prerogativa ed ambizione femminile, “però solo 6 Rettori su 21, in Italia, sono donne: quando arriviamo ai vertici delle piramidi, le donne restano un passo indietro”. La femminilizzazione delle professioni educative “contribuisce, in qualche modo, ad alimentare atteggiamenti e percezioni di sé che non abbandonano mai le donne”.
L’appello al nuovo Governo. Il Coordinamento Donne Acli lancia, con l’occasione, un appello al nuovo Governo che va formandosi, “perché rafforzi l’impegno nei confronti dell’occupazione femminile, sradicando ogni forma di discriminazione sul lavoro, di differenze retributive, di penalizzazione, anche per tramite di incentivi alle misure di conciliazione dei tempi di lavoro e vita ed aumentando le tutele nei confronti di chi si dedica al lavoro di cura, per diminuire le condizioni di minorità che le lavoratrici si portano dietro sin dal loro affacciarsi sul mercato del lavoro”, conclude Agnese Ranghelli.