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Lamezia, dall’antiracket alla “rivoluzione” delle menti

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di Armando Caputo

Quando iniziammo le estenuanti riunioni “carbonare” per costituire l’“Ala”, l’Associazione Antiracket di Lamezia Terme, una città di settantantamila abitanti, impiegammo diciotto mesi per costruire un gruppo di tredici soci fondatori, solo la metà dei quali imprenditori o commercianti.
Presentata nel maggio del 2005, da subito erano chiare le enormi difficoltà del percorso che avevamo intrapreso. Ma avevamo imparato a conoscerci bene, a fidarci l’uno dell’altro, ed eravamo sicuri che le basi sulle quali avremmo dovuto muoverci erano belle solide.
Considerate le premesse, il numero esiguo di soci e le difficoltà incontrate, non pensavamo di riuscire a ottenere numeri esorbitanti di denunce di pizzo, sullo stile di quelli avuti alcuni anni dopo a Palermo, Ercolano o Gela. Dopo un anno e mezzo con impegno, caparbietà e intelligenza, riuscimmo ad aggiungere al gruppo iniziale dell’“Ala” altri imprenditori, “gente tosta”, e grazie a loro arrivarono le prime denunce, i processi e le dure condanne. Grazie a Francesca, Rocco, Salvatore, Giovanni, Pino, Francesco e Antonio, il percorso di crescita civile di Lamezia Terme iniziava a prendere forma.
Era chiaro ed evidente, comunque, che l’infiltrazione delle cosche nel tessuto economico della città era ed è ancora oggi impressionante. Le centinaia di arresti e di condanne ottenute negli ultimi anni, grazie ad un lavoro eccezionale di magistratura e forze dell’ordine, e con una punta d’orgoglio anche all’importante contributo dell’”Ala”, hanno rassicurato i cittadini ma, nonostante alcune confische importanti, poco hanno inciso sulla forza economica di alcune cosche in particolare.
E del resto non è un caso se a distanza di sedici anni, pochi mesi fa, il consiglio comunale di Lamezia Terme sia stato sciolto per infiltrazioni mafiose per la terza volta nella sua giovane vita di città. È evidente che a Lamezia, come del resto in tutti i posti afflitti dalla stessa oppressione mafiosa, una vera rivolta sociale ha bisogno di denunce e di condanne certe, ma soprattutto ha bisogno di cultura e di giovani che rifiutino i valori e le trappole assassine della ‘ndrangheta.
Per dare il nostro contributo alla rivoluzione culturale che la città merita, dal 2011 organizziamo Trame, festival dei libri sulle mafie. Una kermesse di cinque giorni, ogni anno nella terza settimana di giugno, per far conoscere ai cittadini lametini e ai tanti giovani che arrivano in città i libri, i testimoni, i giornalisti, i magistrati e gli artisti, le voci più interessanti di chi combatte le mafie. Il festival fu ideato nella prima edizione da Tano Grasso, allora assessore alla cultura a Lamezia, e da Lirio Abate, direttore artistico delle prime due edizioni.
Già dal 2012 l’associazione antiracket ha dato vita ad una fondazione, Trame appunto, per gestire l’evento nel migliore dei modi e collaborare con altri festival in tante città italiane.
Anno dopo anno è diventato sempre più consistente il numero di giovani volontari che arrivano da tutta Italia e si uniscono ai ragazzi di Lamezia, più di cento nell’ultima edizione del festival. I “tramati”, come amano definirsi, edizione dopo edizione assumono un ruolo sempre più importante nella realizzazione del festival e sono ormai il nostro vero e prestigioso biglietto da visita. Ragazzi che credono nei valori di cui Trame si fa promotore e con sincero impegno diventano testimoni di quanto, a partire dai nostri giovani, si possa costruire di sano e giusto in una terra di cui si sente il più delle volte parlare in negativo.
Trame è anche il “marchio”, il simbolo che usiamo nei progetti che sviluppiamo da qualche anno in quasi tutte le scuole della nostra città. Siamo molto orgogliosi di essere diventati un punto di riferimento e che le nostre proposte culturali siano così apprezzate dagli studenti, dai dirigenti e dagli insegnanti. Sapere che i docenti aspettino con ansia la visita della responsabile del progetto Trame a scuola, ripaga dai sacrifici che alcuni di noi fanno per dare un contributo così importante alla crescita dei nostri ragazzi.
L’ultimo tassello che abbiamo inserito è il Civico Trame, una struttura comunale realizzata per essere un centro per gli anziani, mai affidata o utilizzata, e in ultimo completamente vandalizzata e abbandonata all’incuria. In questa struttura, ora aperta a tutti i cittadini, si svolgono attività di ogni genere, dalla danza al dopo scuola, dal teatro all’orto sociale e tanto altro ancora.
L’aiuto di molti amici ci ha dato la possibilità di realizzare questo piccolo gioiello, un altro tassello importante del nostro lavoro. Ne avevamo bisogno noi per proseguire ed estendere il percorso che inizia nei cinque giorni del festival; ne aveva bisogno la cittadinanza tutta per sapere di trovare un punto fisso, un luogo che potesse essere di tutti e che in un quartiere periferico della città mancava.
Sono passati quasi 15 anni da quando iniziarono le prime riunioni, da quando alcuni dei presenti parlavano “del problema”; non si riusciva neanche a nominarla la parola pizzo. Ora, pensando alle centinaia di lametini che seguono gli incontri del festival, qualche amarezza che abbiamo provato negli anni diventa sempre più un lontano ricordo, sostituita dall’orgoglio e dalla soddisfazione che le parole non debbano essere e non siano più un tabù. Soprattutto dalla consapevolezza che dalle parole, dalla mentalità, dalla cultura si stia operando una ripartenza in termini di conoscenza del fenomeno mafioso e coscienza civica.
Sappiamo che ancora c’è tanto da fare. Sono ancora troppi i cittadini per bene che stanno alla finestra, e molti quelli che con la ‘ndrangheta ci fanno affari. La crescita di centinaia di ragazzi, il senso di responsabilità che hanno acquisito riguardo a queste problematiche, è un patrimonio che Lamezia Terme non ha mai avuto così grande. Ci vorranno anni ancora ma, come disse un uomo migliore di me, questa terra diventerà bellissima.


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