Per qualcuno la memoria e il ricordo sono solo la testimonianza di noiosi nostalgici. Una convinzione grave per un Paese che ha tanti buchi oscuri e poche certezze sui lunghi decenni di vita repubblicana.
“Abbiamo ritenuto fosse doveroso rendere omaggio a Bologna, visitando alcuni luoghi simbolici della città. Fra pochi giorni saranno 38 anni, prima dalla strage di Ustica e poi da quella della stazione di Bologna”. A parlare è Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai, che, prima di aprire il congresso che a Bologna da oggi vedrà impegnati i giornalisti e le giornaliste del Servizio pubblico per eleggere i propri rappresentanti, ha voluto riempire di significato sociale e civile l’impegno.
A fargli eco Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa (con lui anche il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso)”: “È giusto ricordare, ma per costruire il futuro libero da mafie, corruzioni e stragi. Abbiamo il dovere di ricordare questi luoghi perché non è stata garantita verità e giustizia e non lo dobbiamo solo ai familiari delle vittime, ma a tutti i cittadini perché non avere verità e giustizia è un oltraggio alla dignità del paese”.
Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione delle vittime della strage di Bologna, accoglie la delegazione e con ferma convinzione continua a chiedere la verità sull’attentato del 2 agosto 1980.
“L’Italia non ha mai fatto i conti con il proprio passato. Ancora non sappiamo tutta la verità e ci impegneremo fino a che non verrà fatta”. Ancora più dura è Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione Familiari delle Vittime della Strage di Ustica, mentre mostra ai presenti l’installazione permanente di Christian Boltanski, al Museo per la Memoria di Ustica di Bologna, circondata dai resti del DC9 abbattuto il 27 giugno 1980 mentre si dirigeva verso l’aeroporto di Palermo.
“È stata certamente una battaglia lunga e dura quella del 1980, ma mi piace dire che nel 38simo anniversario la battaglia è stata vinta. Non è più un mistero – chiarisce Daria Bonfetti – che il DC9 è stato abbattuto all’interno di una guerra aerea. Le cause sono certe. So bene che c’è un altro pezzo di verità che non abbiamo e cioè chi ha potuto abbattere un aereo civile in tempo di pace. Sappiamo anche cosa è successo ed è una cosa gravissima: i militari avevano parlato di ‘cedimento strutturale’ e hanno pagato per questo. Le caselline qualcuno aveva provato a metterle sicure e certe – conclude – ma oggi la verità l’abbiamo”.
Il Sindaco di Bologna, Virginio Merola, quella verità continua a chiederla con forza, rappresentando il sentimento dei cittadini bolognesi. “Per noi la ricerca della verità è sempre aperta. La città non si rassegna a raggiungere la verità completa senza proposito di vendetta ma per avere giustizia”.
Quei 85 nomi sulle lapidi della Stazione di Bologna, quelle 81 luci nel museo del DC9, gridano ancora oggi vendetta. Chi si rassegna ad una verità e non lotta per la verità, mette a rischio la tenuta democratica di un Paese sconvolto da enormi buchi neri. E senza quella verità sarà tutto perduto.