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Gli errori del M5S: dallo stadio di Roma alla innaturale alleanza nazionale con la Lega e alle nomine

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L’inchiesta della Procura di Roma che ha scoperto un sistema di corruttela in ordine alla realizzazione dello stadio di Roma e alla collegata enorme speculazione edilizia, ha dimostrato la inadeguatezza della (onesta) sindaca Raggi già manifestatasi nella disastrosa vicenda dei “quattro amici da bar”. La Raggi, durante la trasmissione televisiva “Porta a Porta” – dopo aver dichiarato: “mi attaccano forse perché sono donna e M5S scomoda” – ha aggiunto che l’avv. Lanzalone (arrestato per corruzione con il costruttore Parnasi) era “un professionista che ci ha aiutati tantissimo sulle cubature dello stadio della Roma”. Dimentica la Raggi, da un lato, di essere il capo di un’amministrazione che ha stipulato con il costruttore arrestato l’accordo per la costruzione dell’opera in questione e, dall’altro, la stranezza della necessità di un avvocato – estraneo all’amministrazione – “esperto di cubature” quando il comune – che pur può avvalersi dell’Avvocatura ed è dotato di un importante e consistente ufficio tecnico (il dipartimento urbanistico) e annoverava, tra gli assessori, (proprio quello all’urbanistica), un noto architetto, Paolo Berdini che ha dichiarato al P.M. “di essere stato espropriato dalla sua funzione di assessore” proprio perché il Lanzalone “svolgeva le funzioni di assessore per lo stadio”. Sembra allora nel giusto il GIP quando – dopo aver evidenziato che il Lanzalone “aveva il potere di orientare le scelte” – “bacchetta” la Raggi scrivendo: “le indagini hanno offerto elementi concreti per ritenere che le figure istituzionali interessate, a cominciare dal sindaco Raggi, non solo hanno tollerato tale funzione di fatto esercitata, ma al contrario le hanno dato piena legittimazione”.
È stato, invero, un grave errore che, oltre alla realizzazione dell’impianto sportivo (che copre solo il 14% della volumetria), sia stata concordata la costruzione di ben 600.000 metri di quella cubatura che la stessa Raggi (con Frongia e De Vito), allora all’opposizione, riteneva “essere un’enorme speculazione immobiliare avente lo scopo fraudolento di assicurare enormi vantaggi economici a società private a scapito degli enti pubblici coinvolti e dei cittadini”.
È vero che il progetto approvato dalla “giunta Marino” prevedeva una colata di cemento di oltre un milione di mc., ivi comprese tre “oscene” torri di duecento metri di altezza, ma non è men vero che, con l’accordo stipulato tra il comune e il costruttore, è pur sempre prevista – dietro il paravento del calcio – una grande operazione speculativa di ben diciotto edifici da sette piani di altezza, cioè la realizzazione, in una zona verde, a rischio idrogeologico, di quasi un intero quartiere. Peraltro, come hanno affermato i costruttori, “dal punto di vista economico non cambia nulla”, poiché i minori profitti (a seguito della diminuzione della cubatura) vengono bilanciati dalla drastica riduzione per ben 250 milioni di €uro per le infrastrutture soprattutto viarie, che dovevano essere realizzate a spese dei costruttori, necessarie per evitare il caos e la paralisi del traffico. Ma è davvero così difficile pensare di realizzare uno stadio di calcio su terreni privati senza che necessariamente ad esso debba essere abbinata una enorme speculazione edilizia ma centinaia di migliaia di metri cubi (e non il solo stadio con, al massimo, un centro commerciale incorporato)? E come mai la Raggi, che aveva revocato la disponibilità di Roma ad ospitare future olimpiadi – evento epocale che rilanciava nel mondo l’immagine della capitale – per il pericolo di corruttele nella realizzazione delle necessarie opere pubbliche, non abbia adombrato tali corruttele per la realizzazione dello stadio con annessa speculazione?
A questo errore si aggiunge quello, ancor più grave, a livello nazionale, della innaturale alleanza con la Lega, partito xenofobo, già secessionista, antimeridionalista al cui capo – parolaio e irruente decisionista, nominato potente ministro degli interni e, a un tempo, rimasto “fedele alla coalizione di centro-destra” – è stato offerto, nonostante il modesto 17%, un formidabile trampolino di lancio (come rivelano i sondaggi) per una possibile futura maggioranza che potrebbe apportare non pochi problemi alla tenuta democratica del Paese. Tale anomala alleanza ha già dato i suoi malevoli frutti con l’assegnazione di poltrone di alto rango a nomi riciclati e a persone che non necessariamente condividono i valori su cui è nato il M5S (onestà, trasparenza, civismo).
“Il cambiamento epocale di cui siamo orgogliosi” enfatizzato dall’ambiziosissimo “re travicello” Conte non è assolutamente questo, ma passa attraverso il tener lontano gli affaristi e le lobby, nel ripudio dei potenti e temuti boiardi di Stato disponibili per ogni governo e, soprattutto, passa attraverso la lotta senza quartiere contro evasori fiscali, corrotti, corruttori e speculatori – che sono da sempre il cancro del Paese – senza lo scudo protettivo di prescrizioni, condoni ed altre inconfessabili connivenze. La politica per il “vero” cambiamento non ammette più né errori né inesperienze né ritardi perché, come ammonisce il direttore di questo giornale “se anche stavolta le aspettative di cambiare venissero frustrate, nessun altro ci proverà mai più”. È necessario, quindi, che i parlamentari dei “5 Stelle” che si riconoscono nei valori fondanti del Movimento, e sono ancora la stragrande maggioranza, facciano sentire alta e forte la loro voce seguendo l’esempio di Elio Lannutti – che ha stigmatizzato con forza gli errori e le nomine e lo strapotere del dilagante e onnipresente Salvini – e appoggiando la proposta di Luigi Gallo di istituire un comitato di sicurezza per la gestione collegiale del M5S; non senza rilevare che, in ogni caso, l’ultima parola spetta pur sempre ai parlamentari che con il loro voto possono fermare tentativi di derive autoritarie. È sperabile che ciò avvenga prima che sia troppo tardi.


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