Nell’ambito della formazione professionale, la giornalista e scrittrice Eugenia Romanelli in collaborazione con Armando Ceccarelli, Presidente dell’Istituto di Psicologia Forense di Firenze, hanno curato il convegno, svoltosi alla Camera dei Deputati, “Dove non arriva la privacy. Come creare una cultura della riservatezza”. Una riflessione sull’uso dei dati personali da noi diffusi in rete spesso senza sapere o pensare alle conseguenze, che possono essere gravi. E la necessità di creare una cultura della riservatezza. Molti gli interventi tesi a chiarire e suscitare risposte su ciò che oggi è considerato “il nuovo petrolio”: la semina dei dati sensibili attraverso i social media. La giornata di studio ha ingaggiato tre ordini: quello degli psicologi, degli avvocati e dei giornalisti.
Eugenia Romanelli, tra i primi a intervenire, ha affermato di aver voluto il convegno come atto politico in favore della società attuale e per il futuro dei nostri figli. Ha sottolineato come internet e i social network abbiano rivoluzionato il modo di essere attraverso il racconto di sé, democratizzandolo e rendendo più vicine le distanze, ma è anche diventato motore di nuove piaghe sociali: esempi sono l’epidemia di suicidi tra gli adolescenti la cui riservatezza è stata violata, oppure il cyberbullismo. Lungi da lei fare d’internet, che considera meravigliosa, ha tenuto a precisare Eugenia Romanelli, uno strumento censorio, ma bisogna pensare a una società capace di autoregolazione.
Adriana Mazzucchelli, psicoterapeuta, ricercatrice alla Sapienza, Perito e Consulente tecnico del Tribunale di Tivoli, ha rilevato l’imprescindibilità della consapevolezza e della formazione nell’utilizzo della rete, più importanti della sanzione. Ha spiegato come la diffusione dei dati sui social in ambito psicologico abbiano un effetto di catalizzazione: la rivelazione di elementi molto intimi, ad esempio, induce un forte senso di vergogna che rimanda alla paura dell’esclusione. Le principali vittime gli adolescenti. Ha aggiunto che il bullismo non è un fenomeno fisiologico del periodo adolescenziale ma un comportamento deviante e l’Italia è uno dei paesi con maggiori episodi di bullismo. Per arginare ciò è necessaria, tra l’altro, la formazione di docenti, genitori e ragazzi; intervenire sul regolamento scolastico, informare sulle figure di aiuto.
L’avvocato penalista Maria Chiara Parmiggiani ha affrontato il cyberbullismo dal punto di vista legale parlando di questioni quali la rimozione dei video, le querele, i procedimenti penali, le sentenze. Ha ricordato Carolina Picchio, gettatasi dal balcone di casa sua a Novara, perché circolava in rete un video che la ritraeva ubriaca a una festa: girato da alcuni suoi coetanei e subito divenuto virale, aveva scatenato insulti e minacce virtuali.
Mario Morcellini Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha sostenuto che l’utente oggi naviga non più nell’oceano della rete ma in uno due, tre mari dei social, senza uscire alla scoperta di nuovi mondi. La formazione e la cultura non sono più al centro della scena e la comunicazione tende a non pensare. Per Morcellini ciò spiega anche la nascita del populismo, fenomeno di public ignorance. Qualcosa, però, a partire dallo scandalo Cambridge Analytica, ritiene stia cambiando ed è giunto il momento di investire nuovamente sulla qualità e professionalità dell’informazione prodotta.
Carlo Solimene, direttore della II divisione della Polizia Postale, ha spiegato come il web in chiaro sia solo “il 5 %. Il resto è Deep Web o DarkNet,l mondo dell’oscuro o marketplace dell’illecito. Solimene ha detto che fra gli agenti ve ne sono cento sotto copertura che si occupano esclusivamente della navigazione sulle reti anonimizzate.
Eugenia Romanelli, svilupperà anche in un libro i temi del convegno, patrocinato da Agcom, Treccani, Università degli Studi di Roma La Sapienza e Fondazione Sapienza.