Il giudice di Ragusa Filippo Morello ha condannato, con rito abbreviato, alla pena di quattro mesi di reclusione – con sospensione condizionale – Giovanni Giacchi, riconosciuto colpevole delle minacce gravi al giornalista Paolo Borrometi, direttore del sito di inchiesta Laspia.it, presidente di Articolo 21 e collaboratore dell’Agi. L’uomo è stato condannato anche a risarcire la parte civile con la somma di duemila euro. La condanna era stata chiesta dal Pm Agata Mandara. Depositate contestualmente anche le motivazioni. Il giudice sostiene in sentenza che non vi sia dubbio sul fatto che sia stato proprio Giacchi attraverso il suo profilo Facebook a commentare un articolo scritto dal Borrometi a titolo “Vittoria come Napoli: esce dal carcere il delinquente Angelo Ventura e si festeggia con selfie”. Giacchi ha scritto: “Caro amico fatti una risata perche’ domani si potrebbe parlare di te in chiesa”. Il tenore del messaggio, secondo il giudice costituisce una minaccia grave “perche’ l’articolo in questione riguarda un soggetto legato alla criminalita’ organizzata e il commento appare in difesa di questo soggetto”. Anche se si tratta di una unica frase, per il giudice non si attenuerebbe la potenzialita’ intimidatoria della stessa e sarebbe sufficiente perche’ “sia percepita come chiaro segnale finalizzato ad impedire il legittimo diritto di cronaca di Borrometi, dissuadendolo dal perseverare nell’esercizio di tale diritto sotto pena di una minaccia di morte, la quale, anche se manifestata in un’unica frase, non perde per questo la sua carica di inquietante intimidazione considerato che viene manifestata in difesa del gruppo criminale attenzionato da Borrometi, e da esso pare provenire, non importa se direttamente o indirettamente”. Il giudice non ha accolto, quindi, le tesi difensive del difensore, l’avvocato Giuseppe Di Stefano, che sosteneva la non certa individuazione dell’autore, la tenuita’ del fatto e che comunque la minaccia non sarebbe stata effettiva e reale, chiedendo l’assoluzione dell’imputato e in subordine, la minima pecuniaria e attenuanti generiche equivalenti ad aggravante.