Poche ore, ed è passato un secolo. Una nave, con 629 naufraghi a bordo, è in viaggio verso la Sicilia. Respinta dall’Italia, dal neo ministro dell’Interno Matteo Salvini, con l’avallo del dicastero delle Infrastrutture, diretto dal cinquestelle Toninelli. Nessuna sorpresa per la scelta della Lega, che aveva annunciato la chiusura dei porti. Per il M5S è invece una data storica: il 10 giugno hanno perso l’innocenza. Quel movimento nato dai comitati di cittadini, dalla rabbia covata per anni che voleva cambiamenti radicali, da pezzi della sinistra alla ricerca di una politica nuova è probabilmente finito. Alla lotta contro le oligarchie hanno preferito la via facile della caccia alle Ong e ai migranti, seguendo quello che appare il vero leader del nuovo governo, Matteo Salvini.
C’è però un altro dato che sta emergendo con forza. I sindaci di Palermo, Reggio Calabria e Napoli hanno dichiarato che i loro porti sono aperti per accogliere le navi con i naufraghi. Si potrebbe quindi creare un conflitto tra le autorità amministrative e le Capitanerie di Porto, al comando del neo ministro Toninelli. E le prefetture, che a loro volta fanno riferimento al ministro leghista. Un fronte ormai aperto. Ma soprattutto appare chiaro che la linea di confine della democrazia passa nel sud d’Italia. Un fronte del Porto, che sta unendo sul campo sindaci diversi, ma con il minimo comun denominatore della difesa dei diritti.
La nave che si sta dirigendo verso l’Italia si chiama Aquarius ed è gestita da due Ong, la francese Sos Méditerranée e Medici senza frontiere, che assicura l’assistenza sanitaria a bordo. Torna un simbolo: fu la prima nave attaccata dalle organizzazioni di estrema destra della rete di Generazione identitaria il 12 maggio dello scorso anno, quando la campagna diffamatoria contro le organizzazioni umanitarie impegnate nei soccorsi in mare iniziava a prendere forma. Un motoscafo guidato da Lorenzo Fiato, militante milanese con stretti legami con il partito di Salvini, con a bordo una blogger nordamericana legata al mondo dell’alt-right, bloccò per qualche minuto l’uscita in mare della nave della Ong. Era l’inizio di un’onda cupa, che ha contaminato social e media per mesi, coordinata con la destra che si preparava per conquistare il governo. E anche in quel caso la Lega non era sola. Fu Luigi Di Maio a definire le Ong i “taxi del mare”, puntando a raccogliere consensi a destra. Poco mesi dopo partì la missione della C Star, la nave nera che dava la caccia alle Ong. Nel contempo la Iuventa – battello della Jugend Rettet tedesca – veniva sequestrata dalla Procura di Trapani, aprendo il fronte giudiziario. Uno scenario già all’epoca chiaro, con l’obiettivo di cavalcare l’anima più cupa del paese, il rancore che trova nel migrante il più semplice capro espiatorio. Il Pd ha la colpa di non aver capito quello che stava accadendo e di non aver difeso la linea Maginot dei diritti, lasciando spazio alla politica di Marco Minniti.
Mentre l’Aquarius cerca oggi un porto altri gommoni carichi di migranti in fuga dalla Libia stanno partendo, affrontando le acque del Mediterraneo centrale. In mare le imbarcazioni umanitarie in attività sono pochissime, il centro di coordinamento dei salvataggi di Roma sta chiedendo l’intervento anche delle imbarcazioni commerciali. Il rischio di nuove stragi è altissimo, mentre sull’Italia già pende una denuncia alla Corte dei diritti dell’Uomo per i respingimenti di fatto, mascherati dall’intervento della Guardia costiera libica, appoggiata e finanziata da Roma.
La situazione è tutt’altro che semplice. Malta – che non ha mai firmato alcuni protocolli aggiuntivi al trattato Solas sui salvataggi in mare – non ha nessuna intenzione di sostituire l’Italia, aprendo i porti alle Ong. Una posizione di vecchia data, ben nota a chi opera in quell’area del Mediterraneo. Se anche l’Italia chiude i porti, come ha annunciato Salvini, di fatto le operazioni di soccorso delle Ong diventano impossibili. Non è infatti neanche ipotizzabile navigare per giorni con centinaia di naufraghi a bordo, spesso in situazione sanitaria precaria, alla ricerca di un approdo sicuro dove sbarcare. E’ probabile che l’Aquarius si presenti tra qualche ora davanti ad un porto italiano, dichiarando di trovarsi in difficoltà e chiedendo lo sbarco. In quel caso nessuno può vietare l’ingresso nella acque italiane. Occorre vedere cosa accadrà subito dopo. Dal punto di vista giuridico in questi mesi si è consolidata una interpretazione delle norme favorevole alle Ong. Il Tribunale di Trapani ha infatti sostenuto che i migranti salvati non possono essere riportati in Libia – come fa la Guardia costiera di Tripoli, chiamata in causa dalla Marina militare italiana sempre più spesso – e che le Ong non solo possono, ma devono portare i naufraghi in un “posto sicuro” (Place of safety, Pos). O a Malta – che però non accetta, viste anche le scarse possibilità di accoglienza – o in Italia. Quel pronunciamento è divenuto definitivo, la Procura di Ragusa non ha presentato il ricorso alla Corte di Cassazione.
La partita è aperta e ancora tutta da giocare. Quel che rimane è la chiarezza del percorso del nuovo governo: sempre più nero.