È stato il primo Comune sciolto per rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata in Emilia Romagna. Brescello, il paese in cui sono stati ambientati i film di Peppone e don Camillo, dopo due anni di commissariamento è tornato alle urne. E ha scelto la Restaurazione. La lista civica che ha vinto – con uno scarto di appena 63 voti dalla seconda – rappresenta la continuità rispetto all’ultima amministrazione comunale prima dello scioglimento. Ci sono, infatti, diversi nomi, a partire dalla neo sindaca Elena Benassi, politicamente vicini all’ex sindaco Marcello Coffrini, quello che definì il boss della ‘ndrangheta che vive a Brescello una persona “tranquilla, gentile ed educata”, esprimendo addirittura soddisfazione per il fatto che una delle sue aziende si fosse ripresa dalla crisi. Dichiarazioni che avevano suscitato un vero e proprio polverone, anche perché in un paese di poco più di 5mila abitanti è impensabile che il primo cittadino, per altro avvocato, non sappia della condanna definitiva per mafia di un suo residente. Brescello non è il profondo sud: quel processo e poi la condanna avevano riempito le pagine dei giornali locali per anni. Un polverone che è stato più mediatico che politico, a dire la verità, perché la politica ha sempre sostenuto l’ex sindaco Coffrini, fino a quando non si è cominciato a parlare di una commissione prefettizia di accesso in Municipio. Solo allora la maggioranza ha accolto le sue dimissioni sperando di scongiurare l’arrivo dei commissari. Invece l’iter era già ben avviato e i tre commissari nominati dal prefetto di Reggio Emilia hanno cominciato a sondare gli atti amministrativi, gli appalti, i cambi di destinazione d’uso dei terreni, i dipendenti e le ‘concessioni’ delle case popolari. E di giorno in giorno la relazione diventava più corposa, fino ad arrivare sul tavolo del ministro dell’Interno che ha proposto al Capo dello Stato lo scioglimento per rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata. Questa è la dicitura esatta. Ma le parole del ministro non lasciano spazio a dubbi: “Le circostanze analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del Prefetto hanno rivelato una serie di condizionamenti dell’amministrazione comunale di Brescello, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale, nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità”. Parole pesanti, a cui si aggiungono quelle della relaziona del Prefetto che, sebbene coi nomi coperti da omissis, riportano con precisione illeciti, anche penali. Tanto che la procura aveva annunciato l’apertura di diversi fascicoli. Ma dopo due anni di commissariamento, i brescellesi sono tornati alle urne senza avere alcuna notizia di quelle indagini. Come può lo Stato ricondurre “l’ente alla legalità” se gli illeciti non vengono puniti come ci si aspetterebbe? Qual è il messaggio che percepisce il cittadino comune?
Probabilmente ha ragione il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri quando dice che anche l’istituto del commissariamento andrebbe rivisto: i commissari prefettizi che vengono nominati dovrebbero stare sul territorio, non presentarsi in Municipio un paio di volte a settimana, lasciando di fatto la gestione ai funzionari, che sono esattamente gli stessi del pre scioglimento. E anche per questo ci dovrebbero essere poteri rafforzati come la possibilità di annullare atti e revocare incarichi affidati dalla precedente amministrazione. Ma in attesa che le norme cambino nel senso auspicato da Gratteri, una cosa si può fare: utilizzare gli strumenti legislativi che ci sono per ripristinare “la legalità”, dalle sanzioni amministrative a quelle penali.
Invece evidentemente qualcosa nel meccanismo non ha funzionato. E non tanto perché la nuova giunta rappresenta una continuità con la passata, quanto perché quella che siederà in consiglio comunale non rappresenta la maggioranza: la lista civica che ha vinto ha raggiunto 878 preferenze, il 34,55% dei votanti. Sono stati invece ben 1.897 i cittadini che hanno deciso di non presentarsi alle urne. Il disamore per la politica, mi si dirà. Probabilmente. O forse quella “perdita di credibilità dell’istituzione locale” di cui parlava il ministro quando ha chiesto di sciogliere Brescello per mafia.