Il diritto alla salute – come scritto nella nostra Costituzione – è un diritto fondamentale dell’individuo.
Eppure, le tante morti sul lavoro per condizioni insalubri rendono ancora difficilissima l’applicazione di questo fondamentale quanto irrinunciabile principio.
Le morti per esposizione da amianto, in particolare, continuano ad aumentare, senza fare troppo rumore, vista anche la lunghissima latenza delle patologie ad essa legate, che arriva anche a 30 o 40 anni dall’inizio dell’inalazione della fibra killer.
Una vera e propria “strage silenziosa” che anche in Italia continua a fare vittime, nonostante l’amianto sia stato messo al bando dal 1992: si parla di più di 4000 morti all’anno, di cui 1500 per mesotelioma. E diverse sono le aziende teatro della morte di centinaia di lavoratori esposti all’amianto: ad oggi sono 374 i lavoratori deceduti a causa del mesotelioma pleurico.
Dal 2015 ad oggi, i dirigenti aziendali di realtà importanti come la Fibronit di Broni-Pavia, la Pirelli di Milano, la Ansaldo Franco Tosi di Legnano e la Montedison di Mantova, imputati per non aver rispettato le norme di legge atte ad evitare i danni da inalazione delle fibre killer da parte dei lavoratori, hanno beneficiato di ben 4 sentenze assolutorie dalla Corte di Cassazione.
Per questo è stata definita “storica e unica” nel suo genere la sentenza in Cassazione a Roma, il 16 maggio scorso, per i morti di amianto alla ex centrale Enel di Turbigo: è stata infatti annullata la sentenza della Corte di Appello di Milano Sez V Penale, che lo scorso anno aveva assolto gli imputati per 8 morti di mesotelioma pleurico.
”Finalmente si rende dignità e giustizia ai lavoratori “uccisi” dall’amianto respirato per anni in azienda, in assenza di adeguate misure di tutela e sicurezza – hanno dichiarato Maura Crudeli, presidente nazionale di AIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto) e Fulvio Aurora, segretario nazionale di Medicina Democratica,due associazioni che hanno partecipato come parte civile al procedimento – Un successo che ci spinge a continuare la battaglia per vedere riconosciuti il diritto alla difesa della salute, negli innumerevoli procedimenti giudiziari in corso, in ogni parte d’Italia”.
Fulvio Aurora di Medicina Democratica ricorda a Voci Globali come è stata presa la notizia: “A tarda sera del 15 dopo 8 ore di camera di consiglio – dice – è arrivata la sentenza: una mazzata prima che per gli imputati, per gli avvocati e i consulenti delle difese e per la stessa società, la quale il giorno successivo è dovuta intervenire sui giornali precisando che nei precedenti giudizi di primo e secondo grado gli imputati e la stessa azienda quale responsabile civile erano stati assolti. Non solo ma immediatamente chiedendo agli operai (loro famigliari) colpiti successivamente da malattie ad esso correlate di recarsi presso lo studio legale di un avvocato dell’azienda per discutere di risarcimento dei danni e quindi di rinuncia a ricorrere in tribunale”.
Il ribaltamento dei processi di Turbigo porta a far riflettere sull’importanza dell’operato delle associazioni che si sono costituiscono in difesa del malato e dei suoi familiari, quasi sempre… Continua su vociglobali