BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Aiutiamoli a casa loro resta solo una chiacchiera ipocrita

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Alzate, alzate la voce, qualcosa succederà. Alzate la voce e se serve alzate anche le mani e date qualche spintone, tanto per segnare il territorio, e qualcosa succederà. Certo, “giochi di mano sono giochi da villano” e alzare la voce è da maleducati, come dicevano le maestre di una volta, ma è roba vecchia, che risale all’egemonia culturale delle élites, ricche, colte ed ipocrite. Anche la buona educazione è sostanzialmente ipocrita. Ci impone di chiedere “per cortesia” e rispondere “grazie”, quando vorremmo qualcosa che possiamo prendere senza tante chiacchiere, ma quella buona educazione si chiama “civiltà” e ci ha insegnato ad usare le parole, senza alzare troppo la voce, per trovare una soluzione, invece di prendere la clava e sbatterla sulla testa del nostro “interlocutore”. Con il tempo abbiamo capito che la “civiltà” conviene, anche se dobbiamo rinunciare alla piccola libertà di alzare la voce e le mani.
Ma le cose stanno cambiando. Chi alza la voce, o ha il pulsante (nucleare) più grosso, e minaccia di usarlo, tra un insulto e l’altro -a quanto pare- riesce portare a casa il risultato voluto e quindi –pragmaticamente- rischia di avere “ragione”.

Forse ha “ragione” anche il neo vicepresidente del Consiglio e degli Interni italiano, che si muove come se fosse ministro di tutto. Dopo anni di presunto “buonismo” e di trattati internazionali che penalizzano l’Italia, ha alzato la voce, ha rifiutato i porti italiani a una nave di disperati ed ha incassato l’ipocrita dichiarazione delle autorità europee, che “l’Italia è stata lasciata troppo sola di fronte all’ (eterna) emergenza degli immigrati”. Qualcuno, come il primo ministro socialista spagnolo, ha fatto bella figura accogliendo la nave che ripercorre all’incontrario il destino di Exodus, ma vedremo cosa farà con tutte le altre che arriveranno. L’infaticabile neo tutto-ministro Salvini ha avuto buon gioco nel difendere l’orgoglio nazionale, sulla scia dei soliti stereotipi con i francesi arroganti e superbi e gli italiani inaffidabili.

 

Adesso vedremo se l’Europa, sull’orlo di una crisi esistenziale a causa dei migranti, darà segni di vita, magari imponendo ad Orban, amico fraterno di Salvini, di accogliere una quota parte di rifugiati in Ungheria.  Alzare la voce e dare spintoni, quasi sempre, non aiuta a ragionare, ma serve a farsi sentire dai sordi che non vogliono ascoltare. E così urliamo e facciamo il tifo e non riusciamo a ragionare e a capire. Un pezzo d’Africa, da anni, si sta riversando verso la ricca e sempre più vecchia e sterile Europa, e ancora non abbiamo capito se i disperati che pagano migliaia di euro ai mercanti di schiavi e alle mafie, rischiando di morire in mare, sono esuli, profughi che scappano dalla guerra o emigranti clandestini che scappano dalla povertà. A quelli che scappano dalla guerra perfino Salvini sembra aprire le porte, tanto sono pochi, mentre quasi tutti gli altri sono –almeno formalmente- emigranti clandestini. Dove hanno trovato i soldi da consegnare ai mercanti di morte che li sevizieranno, violenteranno e poi li manderanno in mare su scafi maledetti, che a malapena vengono raggiunti dalle navi Ong prima di affondare? Chi lo sà. L’Europa, fino adesso, non è stata capace di fare nemmeno un passo, sia per aiutare i rifugiati a scappare dalla guerra, sia i migranti economici che scappano dalla povertà. L’Europa vecchia e sterile, con un feroce passato coloniale che l’ha fatta ricca e viziata, dovrebbe fare tutto il possibile per redistribuire anche in Africa un po’ di ricchezza e frenare lo spietato sfruttamento neocoloniale delle multinazionali. E invece niente. Aiutiamoli a casa loro resta solo una chiacchiera ipocrita, mentre l’Italia chiude i porti ai disperati, né più né meno come fanno tutti gli altri, salvo qualche bel gesto mediatico, e il ministro di tutto Salvini miete consensi tra gli italiani spaventati da quello che raccontano mass media e social media. Intanto, come cantavano gli alpini partigiani di Nuto Revelli “…pietà l’è morta”.

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