Chiesti 95 anni e 6 mesi di carcere per 12 dei 13 imputati, tra cui 9 giornalisti, del processo al quotidiano filo curdo Özgür Gündem.
Al termine di una lunga e dura requisitoria il procuratore Ercan Gümüş ha avanzato la richiesta di assoluzione per un solo accusato dei reati di terrorismo confermati per gli altri.
Il 16 luglio, data in cui è fissata la prossima udienza, la 14^ Corte di Istanbul dovrà decidere se avallare la tesi accusatoria e emettere una sentenza di condanna.
Nel frattempo Mustafa Armağan, İsmail Avcı, Bünyamin Aldı, Abdullah Dirican, İhsan Yaşar, Mehmet Ali Çelebi, Reyhan Hacıoğlu, Hicran Ürün, Silvan Mücadele, Ferhat Parlak e Naif Yaşar resteranno in cella.
I 9 giornalisti prelevati dalla polizia dalle loro abitazioni e portati in carcere lo scorso febbraio con l’accusa di far parte di un’organizzazione terroristica, primo tra tutti l’editore della testata Mücadele arrestato dopo la perquisizione della redazione e il sequestro delle copie del quotidiano e di materiale vario dei redattori, si sono sempre dichiarati innocenti.
Il magistrato titolare dell’inchiesta, dopo aver disposto il sequestro del giornale, ha nominato un direttore ‘fiduciario’.
Una vicenda che ricorda quanto avvenuto due anni fa ai colleghi di Zaman, prima passato sotto l’amministrazione controllata voluta dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan e poi definitamente chiuso alcuni mesi dopo.
Tra i primi a finire in carcere insieme al proprietario della testata il giornalista curdo Yaşar, posto in stato di fermo nella provincia di Var dall’unità antiterrorismo del dipartimento di polizia provinciale e ritenuto colui che avrebbe creato il nodo connettore tra il giornale e il Pkk, il Partito dei lavoratori curdi, seppure non sussistano prove che confermino tali accuse.
Per un’imputazione minore è già stato condannato Ahmet Keskin, avvocato per i diritti umani e editorialista di Özgür Gündem. Una Corte locale del distretto di Istanbul gli ha inflitto sei mesi di prigione per “aver apertamente insultato le istituzioni della Repubblica di Turchia” avendo parlato di una ‘deriva vergognosa’ riferendosi alle violazioni da parte del governo di Erdogan durante un’arringa in Tribunale.
Negli ultimi giorni sono stati emessi anche verdetti per altri giornalisti.
Dopo la sentenza al processo Cumhuriyet, che si è concluso il 25 aprile con la condanna di 13 imputati con pene tra i due e i sette anni e mezzo, sono arrivati alla fine anche altri procedimenti.
La scorsa settimana la 13^ Corte penale ha condannato a due anni il caporedattore del quotidiano di opposizione “Demokratik” Ulus Nuray Candan e gli editori Kemal Sancılı e Ziya Çiçekçi per propaganda terroristica solo per aver titolato a favore di un’iniziativa politica del Partito democratico curdo.
Ancora più gravi e paradossali le accuse rivolte a Esra Baysal, collaboratrice del portale T24, incriminata dall’ufficio del procuratore capo di Diyarbakır di “incitamento all’odio” per aver scritto in uno dei suoi tweet “I fascisti razzisti propagandano la guerra! Io sono contro la guerra, io sono curda, io sono una zingara, io sono un’ebrea, io sono un’araba, sono LGBT, io sono armena, sono yazida… insomma, io sono tutto quello che odi. Non seguirmi!”. Rischia, per questo, un anno di carcere.
La Turchia, dunque, si conferma il più grande carcere per giornalisti del mondo.
I dati più recenti della piattaforma di giornalismo P24 e dell’International Press Institute parlano di almeno 158 operatori dell’informazione detenuti, sia in attesa di giudizio che con sentenza emessa, di cui 26 già imprigionati prima del tentativo di colpo di stato.
Il numero delle detenzioni di giornalisti registrato dal 15 luglio del 2016 a oggi è stato anche più alto, toccando i 182 giornalisti arrestati mentre in migliaia sono rimasti disoccupati dopo la chiusura di oltre 170 testate.