Fa piacere che una trattativa per il nuovo governo , che vede impegnati partiti a torto o a ragione sospettati di essere tiepidi verso i nostri impegni europei , prenda le mosse dall’esempio del paese più potentemente europeista , la Germania di Angela Merkel , del partito popolare e di quello socialdemocratico . Partiti fisiologicamente avversi , se non incompatibili , ma che un inossidabile zoccolo comune unisce e fa incontrare nei momenti difficili : un’ incrollabile fede europeista. Forse , un buon auspicio. Ma due situazioni che , purtroppo o per fortuna , non hanno proprio nulla in comune.
Ad iniziare da quello zoccolo comune , forte in Germania e impalpabile da noi , dove almeno uno dei due partiti coinvolti nella contorta impresa di dare un governo al paese , la Lega salviniana, considera l’essere definito europeista alla stregua di un insulto , o giù di lì. Dell’altro , siamo in attesa di saperlo , per la difficoltà di orientarsi tra la primitiva adesione al gruppo più antieuropeista del parlamento europeo ( quello che ha avuto l’idea di chiedere gli elettori inglesi cosa pensassero dell’adesione alla UE) , e la successiva richiesta di ingresso nel gruppo più europeista. Oggi , quasi europeisti , domani chi lo sa.
Per continuare con la trattativa : tutto il tempo necessario in Germania , paese fortunato – se di fortuna si può parlare -, che può permettersi mesi e mesi senza un nuovo governo; ventiquattro ore da noi , prorogate di altre quarantotto. Dopodichè , comunica uno dei protagonisti , sicuramente anche a nome dell’altro , se non funziona , si corre al voto. Sarà contento “l’arbitro” , Sergio Mattarella , che appena pochi giorni fa lamentava la scarsa collaborazione dei ” giocatori” , i partiti. Ora non solo sembrano disposti a collaborare , ma addirittura ad alleggerirlo delle sue competenze e decisioni. Lui , il capo dello Stato , sembra essersene accorto , da come enumera le sue prerogative.
Le differenze sono altre. Della tendenza nostrana alla semplificazione delle non lievi difficoltà ,che produce candidature dense di autostima , abbiamo parlato recentemente. Oggi , il timore ci sembra quello di una certa , innegabile , scoperta genericità . Che peraltro con la semplificazione ha un certo grado di parentela , che produce una saldatura non leggera. Per fare l’auspicato e rivoluzionario ,ma inesplicato ” governo del cambiamento” – si immagina progressivo -, bisogna partire dai “temi” , per essere certi di risolvere ” i problemi degli italiani”. E non dai nomi : detto da chi per cinquanta giorni ha posto come condizione quella di guidare il governo ,dopo avere presentato una decina di ministri in campagna elettorale , c’ è un ‘ulteriore timore , un possibile difetto di coerenza. Perché si lavora proprio nell’ ” interesse degli italiani”. Mai che si vada un po’ oltre. Tra poco avremo questo contratto ,e ne sapremo di più. Ma restano quarantotto ore , nelle quali , se non si pretendono profondità e indicazioni precise, si possono fare miracoli. Meglio chiamarlo “contratto all’italiana” , come si conviene tra sovranisti.
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