Era il poeta dell’amore, del femminismo in chiave araba, della struggente voglia di vivere, della passione civile e dell’incanto. Era il poeta dell’entusiasmo e delle riflessioni amare, dello sguardo al futuro e delle analisi dolenti su un passato di cui ormai si è persa traccia. Nizar Qabbani, scomparso a Londra vent’anni fa, all’età di 75 anni, ha costituito per alcuni decenni la coscienza critica della Siria.
Diplomatico ribelle, esperto di politica estera ma, soprattutto, affamato di vita, appassionato di lirica e di tutto ciò che potesse consentirgli di sottrarsi alla morsa dell’orrore, è considerato a ragione uno dei massimi interpreti della poesia araba, il cantore della pace e della convivenza civile, un amante della bellezza e un magistrale distillatore di sentimenti e di speranze.
Qabbani, i cui versi profondi ti penetrano dentro. Qabbani e la sua rivolta contro l’abisso. Qabbani, di cui ora questa Siria degli addii avrebbe un disperato bisogno e che, per fortuna dell’umanità, continua a vivere grazie ai suoi componimenti.
Ho letto di recente alcuni dei suoi versi, tratti da una raccolta intitolata “Le mie poesie più belle”, e ho potuto toccare con mano la grandezza di un animo incontaminato, di un gentiluomo segnato dalle sofferenze del suo popolo ma non condizionato da esse, di un sognatore indomito, mai arreso, sempre in battaglia contro ogni forma di ingiustizia e sempre pronto a rifugiarsi nella passione carnale per la sua terra e per l’amore nella sua dimensione più pura.
Qabbani, voce e magia di un mondo che non vuole morire, di una dimensione genuina e a tratti epica della vita, di un mistero perduto ma che continua a lottare, nonostante le innumerevoli sconfitte cui è stato sottoposto.
Ha scritto in una poesia intitolata “Lolita”: “Immagina… / la bambina di ieri / che giocava davanti alla tua porta / e che si addormentata stanca tra le tue braccia, / oggi è diventata una gemma inestimabile. / Ho quindici anni, ormai! / Sono diventata più bella… / Mi inviterai a ballare… e io accetterò… / mi avvolgerò in uno scialle ricamato / e sembrerò una principessa in una corte orientale. / Non ti vergognerei più di me, / sono diventata più alta… / Quanto ho pregato di diventare più alta / di un dito o due… / Quanto mi sono impegnata per sembrare più grande / di un anno o due. / Quante volte ho odiato il mio viso rotondo, / i miei codini e la mia divisa scolastica / e, nell’amore, quanto ho odiato i tuoi modi paterni… / non trattarmi come un padre! / Ho quindici anni, ormai!”.
L’immensità di versi immortali, il cuore di un genio che è rimasto e rimarrà per sempre fra di noi.
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