Oggi i palestinesi commemorano i 70 anni dalla catastrofe del 1948, l’espulsione di un milione di persone dalle loro terre e la distruzione di circa 530 villaggi da parte delle milizie paramilitari sioniste.
Cinquantanove morti, il più grande aveva 39 anni il più giovane otto mesi: ieri a Gaza è stato un massacro. Usando cecchini, artiglieria e aviazione l’esercito israeliano ha aperto il fuoco su decine di migliaia di manifestanti negli accampamenti lungo le linee di demarcazione tra la Striscia e Israele. I primi morti sono arrivati già in tarda mattinata a pochi minuti dalla ripresa della Marcia del Ritorno: a fine serata il bilancio è di 59.
Tra loro sei minori, la più piccola aveva otto mesi, Leila al-Ghandour: è morta per l’inalazione di gas lacrimogeni, che sono piovuti a centinaia ben distante dalla barriera, dentro gli accampamenti, alcuni dei quali hanno preso fuoco. Il bilancio potrebbe salire: i feriti sono 2.771, alcuni in condizioni estremamente gravi in un’enclave dove gli ospedali sono al collasso per le carenze strutturali dovute al blocco israeliano, che compie 11 anni, e a causa dell’enorme numero di feriti delle ultime sei settimane di proteste, quasi 10mila.
Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute di Gaza, almeno 1.204 palestinesi sono stati colpiti da proiettili, 79 al collo, 161 alle braccia, 62 alla schiena e al petto, 52 allo stomaco, 1.055 alle gambe. Oltre 200 feriti sono minori, 78 donne.
E oggi, 70esimo anniversario della Nakba, le proteste proseguiranno: se ieri le manifestazioni hanno avuto nel mirino il trasferimento dell’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, oggi 13 milioni di palestinesi nel mondo commemorano la catastrofe del 1948, l’espulsione di un milione di persone dalle loro terre e la distruzione di circa 530 villaggi da parte delle milizie paramilitari sioniste.
Ieri sera il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, ha dichiarato tre giorni di lutto per la strage di Gaza, mentre comitati popolari e partiti hanno lanciato per oggi lo sciopero generale in tutti i Territori Occupati. E oggi sarà anche il culmine della Marcia del Ritorno, la grande iniziativa popolare lanciata da organizzazioni e comitati della Striscia il 30 marzo scorso, Giornata della Terra.
Giorno di lutto anche in Turchia, su decisione del governo di Ankara che ha convocato l’ambasciatore statunitense e israeliano sul massacro compiuto ieri su civili disarmati, per stessa ammissione dell’esercito israeliano. Eppure la Casa bianca ieri, mentre i suoi rappresentanti festeggiavano a Gerusalemme, non ha espresso alcuna condanna a Tel Aviv, ma al contrario ha attribuito la responsabilità della strage ad Hamas: “Crediamo che Hamas sia responsabile di quanto accade – ha detto il vice segretario alla stampa Raj Shah – Crediamo che Hamas come organizzazione sia impegnato in un’azione cinica che conduce a queste morti. Israele ha il diritto di difendersi”.
Poco chiaro da cosa, visto che di fronte i soldati avevano palestinesi disarmati. Per questa ragione il Sudafrica ieri ha ritirato il proprio ambasciatore da Israele e stamattina l’Economic Freedom Fighters sudafricano ha chiesto all’ambasciatore israeliano di lasciare il paese. Il Kuwait ha invece chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per discutere quanto accaduto ieri nella Striscia.
Nena News