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Mirella Gregori: una verità in tre chilometri. 2° parte: Quel misterioso biondo degli ultimi due mesi

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Indagando verso sud. Se non dovesse saltar fuori nessuna prova dalle parti della parrocchia di San Giuseppe a via Nomentana, la verità sulla scomparsa di Mirella Gregori sarebbe da cercare nella direzione opposta, in luoghi per lei comunque abitudinari: il bar di famiglia a via Volturno e l’ex scuola superiore (Istituto Professionale “Padre Reginaldo Giuliani”) a via dell’Olmata. Due zone accomunate dalla prossimità geografica, ma soprattutto dalla figura di un giovane uomo dai capelli biondi. Che, nei due mesi precedenti la sparizione della ragazza, comparve nella sua vita per ben quattro volte.

Dal fascicolo delle indagini balza fuori un’altra novità meritevole di approfondimenti e che, proprio per la sua inquietante ricorrenza in un arco temporale limitato e a ridosso del tragico evento, non può esser derubricata a mera “coincidenza”. Anche perché la sua più eclatante manifestazione, per altro già nota a livello mediatico, fu al rinfresco tenutosi al bar dei Gregori per festeggiarne il rinnovo del mobilio venerdì 6 maggio 1983. Cioè ventiquattr’ore prima che di Mirella non si sapesse più nulla. Era “sui trenta-trentacinque anni” disse la mamma il 26 maggio 1983, nel corso della sua prima audizione a piazzale Clodio, ed “era in compagnia di altra persona più anziana”. La donna, che mai lo aveva visto in precedenza, segnalò: come quell’individuo le chiese se volessero delle foto; come in quel momento Mirella si allontanò dal bar; come al suo interno ci fosse stato anche “un giovane bruno con i capelli lunghi che fece con la testa un cenno come se indicasse me o mia figlia Maria Antonietta”. Un particolare che fa pensare all’esistenza di un terzo soggetto, quello insieme al biondo era parso più grande d’età, e che solleva alcune domande: c’era un nesso tra l’abbandono del locale da parte di Mirella e la presenza di quei tipi? Costoro quanto vi sostarono? E lei, che quel giorno vi ebbe uno screzio col suo ragazzo, ci fece poi ritorno?

Un episodio particolare. Ma fine a se stesso. Se non fosse che – e questo è un inedito – “due persone di cui una giovane alta e bionda come colui che mi aveva interpellato nel bar”, quattro giorni prima, cioè lunedì 2 maggio 1983, alle 15, erano entrati nella scuola “Padre Reginaldo Giuliani” e chiesero di un’alunna della II^B. La classe di Mirella Gregori. A raccontarlo, è ancora la signora Arzenton durante la stessa deposizione. I due soggetti parlarono con una bidella, che però non ricordò il cognome della ragazza per conto della quale si erano presentati come i fratelli. Un dettaglio che li configura come due impostori – se un fratello conosce la sezione della sorella, non può ignorarne gli orari scolastici e sa quindi che nel pomeriggio non ha lezione – accentuato ulteriormente dalla loro eclissi al suggerimento della bidella di ritornare alle 16:30, orario d’apertura della segreteria dell’istituto.

Chi erano quei figuri? E chi cercavano? Davvero Mirella, come si desumerebbe dalle analogie estetiche tra uno di essi e uno di quelli del bar, oppure qualche sua compagna di classe? Ma c’era per caso un’altra studentessa della II^B che era già stata oggetto delle attenzioni di un giovane biondo?

Perché alla Gregori, suo malgrado, era già successo. E lo aveva raccontato all’amica Sonia De Vito, alla quale il 16 ottobre 1986 il giudice Martella chiese lumi in proposito a quanto la stessa aveva dichiarato ai Carabinieri di Roma il 4 novembre 1983: “Mirella, due mesi circa prima di scomparire, mi aveva confidato di essere stata avvicinata per strada, dopo essere uscita da scuola, da un giovane biondo che, dopo averla seguita per un breve tratto, l’aveva invitata a salire in macchina, ma lei aveva rifiutato”. Precisò anche che, a detta dell’amica, “si trattava di un giovane carino e ben vestito”. Non sappiamo se fosse lo stesso del bar e dell’intrusione a scuola, certo è che avesse il physique du rôle del perfetto adescatore. Che, all’apparenza trasmette fiducia e sicurezza alla vittima prescelta per poi circuirla sessualmente o per inserirla nel mercato dell’industria pornografica se non addirittura in quello della prostituzione. Come mi è stato raccontato da donne all’epoca adolescenti, d’incantatori di fanciulle ne giravano diversi, nella Roma del tempo. Soprattutto nei dintorni della stazione Termini, coagulo di ceffi d’ogni risma. Compresi adulti dall’età variabile e con la perversione delle minorenni.

Ma uno di questi poteva essersi insinuato nella sua esistenza, mascherando però con abilità la sua vera natura? La domanda sorge davanti a un quarto episodio. Legato a doppio filo con i precedenti. Perché il protagonista è un altro ragazzo biondo. Con una differenza però non di poco conto rispetto ai precedenti. Che fu visto insieme a Mirella. La notizia, inedita, si apprende di nuovo dalla signora Arzenton, che il 13 ottobre 1986 la raccontò al giudice Martella: “Nella immediatezza del fatto (la sparizione della figlia, ndg) una delle tante persone venute ad esprimermi, nella mia abitazione, la propria solidarietà, mi confidò di aver visto nel decorso mese di aprile 1983, in Roma, via del Macao, mia figlia che si accompagnava ad un giovane alto, biondo, riccio, di età non specificata”.

Via del Macao è la prima parallela di via Volturno andando verso Porta Pia e via Nomentana. Siamo sempre nelle zone di Mirella, particolare a favore dell’attendibilità di questa relata refero che trova sponda anche nell’identikit del biondo del bar realizzato in base alle parole della madre: alto e riccio. Si tratterebbe della stessa persona?

(Identikit del biondo del bar tratto dal quotidiano “Il Tempo” del 28-10-1983)

L’episodio però non compare nel diario e nell’agenda di Mirella Gregori allegati agli atti dell’inchiesta, sebbene lei non trascrivesse ogni singolo avvenimento del suo quotidiano, come dimostra per esempio l’assenza del pedinamento all’uscita da scuola. E allora: c’erano individui alti, biondi e ricci fra le sue conoscenze? Ne aveva per caso conosciuti negli ultimi mesi, anche se solo superficialmente? Perché quelle quattro apparizioni, così simili nel fisico e così vicine sul calendario, fanno supporre che qualcuno, entrato in contatto con lei, fosse riuscito con qualche stratagemma a conquistarne la fiducia per poi approfittarsi della sua inevitabile ingenuità di quindicenne all’alba della vita.

Uno scenario angosciante ma plausibile. Che rende ancora più forte l’esigenza di un approfondimento dell’universo sociale di Mirella. Fra le sue amiche, possibile che nessuna si fosse accorta di nulla e non avesse ricevuto alcun tipo di confidenza? Oltre a quelli consegnati agli inquirenti, lei aveva altri effetti personali (quaderni, diari)? E questa figura bionda potrebbe essere stata in qualche modo collegata con l’ignoto “signore degli aperitivi” e, di rimando, con la parrocchia di San Giuseppe? Oppure non fu altro che un poco di buono gravitante nel bar di via Volturno o nell’ex “Bar Italia”?

 [2. continua]


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