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Maduro vince, il popolo venezuelano no

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Nicolas Maduro ha vinto le presidenziali in Venezuela, anche grazie alla forte astensione, il 52 per cento degli aventi diritto.
Il presidente uscente è stato rieletto, in un confronto elettorale praticamente senza sfidanti di peso, con 5 milioni 896 mila voti. Deludente il risultato dei due principali contedenti: Hanry Falcon, ex chavista passato alla Destra, ha preso un milione 832 mila voti, mentre il pastore evangelico Javier Bertucci ne ha avuti 933 mila.
Il voto anticipato, espediente che Maduro ha fortemente voluto per rafforzare il proprio potere, non ha dunque convinto tanti venezuelani che hanno seguito l’indicazione a boicottare le elezioni arrivata dall’opposizione, che denuncia brogli e non riconosce l’esito della competizione elettorale.
Erano più di 20 milioni i venezuelani chiamati ad esprimere la loro preferenza, l’hanno espressa poco più di 8 milioni.
Il capo di Stato uscente è sempre stato il grande favorito per la vittoria finale, nonostante il 75% dei suoi connazionali disapprovi la sua gestione del potere che ha creato una profonda crisi nel Paese, penuria di cibo, acqua, medicine, elettricità e trasporti, assieme ad un aumento consistente dell’insicurezza e del costo della vita.
Maduro, erede politico di Hugo Chavez, ha avuto la meglio su Falcon, che non è riuscito a ottenere l’endorsement dei principali leader dell’opposizione, e dell’altro candidato alle presidenziali.
Il Venezuela è sempre più stremato dalla profonda crisi economica seguita al crollo del prezzo del petrolio, che ha portato con sé un calo del Pil del 45%, inflazione alle stelle, carenza di cibo e farmaci e aumento del crimine.
Per garantire la sicurezza e scoraggiare eventuali proteste sono stati schierati circa 300.000 militari e poliziotti per vigilare su quello che da subito si è prospettato un voto farsa, mal digerito dagli oppositori, per legittimare Maduro.
Sempre più isolato sulla scena internazionale, il successore scelto poco prima della morte da Chavez, non ha mai mostrato un minimo cedimento. Il leader socialista ha tenuto il suo ultimo comizio a Caracas assoldando l’ex star del calcio argentino Diego Maradona. Applaudito da Maduro e dai suoi sostenitori, il Pibe de oro si è dichiarato un suo “soldato”, ha sventolato la bandiera venezuelana e ha ballato sul palco al ritmo del reggaeton.
L’opposizione ha accusato il capo dello Stato, ex autista di autobus 55enne, di “clientelismo” e di aver tentato di influenzare il voto. Ma il presidente del Consiglio nazionale elettorale (Cne), Tibisay Lucena, ha respinto la possibilità che gli elettori possano essere stati pagati per la loro preferenza.
Gli Stati Uniti, l’Unione europea e il gruppo di Lima, un’alleanza di 14 Paesi americani e dei Caraibi che denunciano la radicalizzazione del governo di Caracas, hanno espresso forti critiche per queste elezioni considerate né libere né trasparenti. Il presidente del Venezuela è accusato di aver minato la democrazia dopo che, in seguito a manifestazioni di protesta quasi quotidiane che l’anno scorso hanno lasciato per le strade di Caracas 125 morti, ha istituito un’assemblea costituente, considerata al suo servizio.
“Non cederemo al ricatto. Non importa che non riconoscano il risultato delle elezioni: il presidente venezuelano viene eletto dal popolo, non da Donald Trump” è statala replica a distanza del leader chavista alla nota della Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) diffusa alla vigilia del voto.
La Commissione aveva dichiarato di ritenere il processo elettorale non equo, senza le necessarie condizioni minime per un voto libero e trasparente, e aveva invitato il governo di Maduro a organizzare un voto che garantisse “il diritto effettivo del suffragio universale”, non come quello appena ultimato che non ha rispettato gli standard internazionali in quanto i tempi sono stati gestiti in modo arbitrario e senza accordo con le forze di opposizione.
Inoltre l’organismo di controllo elettorale venezuelano ha dimostrato di non essere indipendente e imparziale, per nulla garante di un’equa applicazione della legge elettorale e dei diritti politici. Soprattutto del diritto dei venezuelani a scegliere liberamente il proprio presidente.
Ma il Venezuela, pur essendo una polveriera di scontento sociale, non ha la forza per cambiare, dire basta a un governo che ha portato il Paese alla deriva.
Maduro ha vinto facile, assicurandosi così altri sei anni di mandato. I venezuelani no.


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