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Lavoro. Istat confonde le acque. Quel poco di crescita dell’occupazione è lavoro precario

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Pagano giovani e donne. Scacchetti (Cgil): “Si allarga sempre più la forbice tra ricchi e poveri. Un piano del lavoro per i giovani e le donne”

Di Alessandro Cardulli

Non c’è niente da fare. Ormai  la malattia che ha colpito l’Istat, l’Istituto di statistica che dà i numeri sull’andamento della nostra economia, è incurabile. I dati forniti proprio dopo il Primo Maggio, in merito all’occupazione, quasi a smentire, cosa ben difficile, quanto affermato da Cgil, Cisl, Uil nelle tante manifestazioni che si sono svolte in tutta Italia, sono la prova della inaffidabilità dell’indagine statistica che disegna un Paese che ormai ha preso la strada della crescita, quando la realtà racconta un’altra storia. Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil, intervistata da RadioArticolo 1 di cui daremo conto a conclusione del nostro articolo offre una valutazione complessiva dei dati Istat sottolineando che “sono timidamente positivi, ma la forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre più. E a pagare sono soprattutto donne e giovani. La Cgil – dice – mette in campo le sue proposte, serve lavoro di qualità”.

Situazioni che restano negative trasformate in successi della politica governativa

L’Istituto, insomma, si è specializzato nel trasformare situazioni che restano  negative, per quanto riguarda in particolare l’occupazione, in successi dell’operato dei governi, quello di Renzi Matteo in particolare e di Gentiloni. Non è un caso che l’ex segretario del Pd anche nella comparsata televisiva, un vero e proprio soliloquio visto che Fazio si è ben guardato dal porre domande non diciamo imbarazzanti, da lui è pretendere troppo, ma, per esempio quando l’ex presidente del Consiglio, come un prestigiatore, ha tirato fuori dal cappello il classico coniglio, nel caso un milione di occupati in più, poteva chiedergli se si trattava di posti di lavoro a tempo indeterminato, oppure no. Guai toccare l’argomento. Il pezzo forte dell’Istat che consente di far apparire il bicchiere sempre pieno anche se è mezzo vuoto o vuoto per intero, è proprio quello  di fornire dati relativi alla occupazione che viene vista sempre in aumento. Punto. Se ne guarda bene l’Istituto di dire in prima battuta che da ormai troppi anni il presunto aumento dell’occupazione è dovuto a contratti a termine, anche di poche ore a settimana per altrettanto pochi mesi. Non solo. Ai contratti a termine si aggiungono, sempre più spesso, i lavoratori indipendenti, partite Iva o cose simili.

Gli scriba gongolano. Ma il trucco c’è. Impossibile nascondere la realtà 

Gli scriba dei giornaloni, edizioni on line, in particolare, quelli radiotelevisivi, rilanciano subito. Titoli cubitali, l’occupazione aumenta anche  per i giovani. Devi leggere tutto l’articolo per scoprire il trucco, la notizia falsa. Spesso è perfino difficile scoprirlo, il trucco, tanto è ben confezionato. Addirittura c’è chi, magari sottovoce, fa presente che le notizie sul  presunto buon andamento dell’economia vengono diffuse  proprio alla vigilia di importanti riunioni del Pd, in particolare quando il clima, lo scontro fra maggioranza renziana e gli oppositori si fa particolarmente caldo. Diciamola tutta: saranno pettegolezzi, sussurri, ma il fatto che i quotidiani domani, riunione della direzione Pd, raccontano che  i posti di lavoro aumentano,  che la disoccupazione a marzo è stabile, sui livelli più bassi da settembre 2012, il tasso di occupazione al 58,3 al top dal 2008, il tasso di inattività, le persone che non cercano lavoro, è al 34,3, addirittura il minimo dall’inizio della serie storica che risale al 1977, è davvero un bel vedere per la maggioranza renziana, scossa come il suo leader dalla sconfitta nelle elezioni del 4 marzo, una vera e propria disfatta, come nel referendum sulla Costituzione voluto dall’allora segretario Pd. Se andiamo a vedere i dati veri, che neppure l’Istat riesce a nascondere, il gioco dura poco. Il pezzo forte della nota Istat riguarda l’aumento degli occupati, 62 mila e la crescita dello 0,3% del Pil. Per quest’ultimo dato c’è poco da rallegrarci. Eravamo e restiamo fanalino di coda nella Unione europea. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione sarà ai livelli più bassi dal settembre 2012, ma è sopra di 5 punti percentuali rispetto ai valori pre crisi. Poi una serie di dati che riguardano il rapporto tra occupati e la popolazione di riferimento in età.

Si fanno sentire gli effetti dell’allungamento dell’età pensionabile

Si fanno sentire gli effetti dell’allungamento dell’età pensionabile  e si mantiene in crescita la popolazione con età fra i 50 e i 64 anni. Interessanti i dati relativi ai giovani.  A marzo la disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 24 anni, scende al 31,7%, un calo di 0,9 punti percentuali rispetto a febbraio. C’è ben poco da rallegrarsi. Una percentuale che resta molto alta, fra le più alte nella Ue. Non solo. Se si scompone il dato sull’aumento della occupazione, in 62 mila occupati in più, si scopre che 56 mila sono lavoratori indipendenti (liberi professionisti, artigiani, imprenditori). I lavoratori a termine salgono di 8mila unità, quelli stabili calano di 2 mila. Se scomponiamo questi dati secondo il sesso si rileva un sensibile calo fra le donne. Non è incoraggiante il dato scomposto per tipologia di occupazione. Dei 62 mila occupati in più, 56 mila sono indipendenti (liberi professionisti, artigiani, imprenditori ecc), mentre solo 6mila sono dipendenti. Tra questi quelli a termine salgono di 8 mila unità mentre quelli stabili calano di 2 mila. Scomposto per sesso il dato congiunturale, cioè la variazione rispetto al mese, rileva un aumento tra gli uomini (+81 mila) e un calo fra le donne (-19 mila). Se si sposta l’attenzione a livello tendenziale, arco intero anno, si scopre che  la crescita  è  a danno delle donne e  si deve al lavoro precario, a danno in particolare dei giovani. Il riferimento ai ciclofattorini, ai rider, coloro che ci portano il cibo a casa è d’obbligo. L’istituto di statistica certifica infatti un aumento degli occupati dello 0,3% rispetto a febbraio, pari a 62 mila unità.

 Il Bel Paese penultimo in Europa per quanto riguarda l’occupazione

Tania Scacchetti, nell’intervista rilasciata a RadioArticolo 1 ricorda che “istituti statistici nazionale ed europeo hanno diffuso cifre interessanti sulla salute dell’economia e sullo stato dell’occupazione nel nostro paese. L’Eurostat, ad esempio, afferma che la crisi in Italia ha allargato la forbice sociale: al 10% più povero in Italia arriva solo l’1,8% dei redditi complessivi, mentre all’inizio della crisi eravamo a quota 2,6%. Il Belpaese, tra l’altro, è oggi il penultimo per occupazione in Europa. Di peggio fa solo la Grecia. Sono dati che fotografano con nitidezza la condizione sociale ed economica di un’economia che sull’occupazione è ancora in grave ritardo rispetto al resto d’Europa. E che pur avendo agganciato la ripresa, e registrando qualche dato timidamente positivo, sull’occupazione mantiene comunque un forte gap da recuperare. È evidente quindi che la ripresa da noi porta con sé un incremento delle differenze e delle disuguaglianze, anche di carattere territoriale – ha continuato  –. Per questo ogni intervento che la politica deciderà di mettere in campo deve certo partire dagli investimenti e dalla necessità di creare nuova occupazione, ma deve necessariamente prevedere anche degli interventi per ridurre queste disuguaglianze sociali”.

Creare occupazione, che sia stabile e permetta un reddito dignitoso

“Creare occupazione, quindi, ma soprattutto – prosegue Scacchetti – creare buona occupazione, che sia stabile e che permetta un reddito dignitoso. Uno dei problemi da affrontare è infatti la qualità del lavoro, che in Italia è soprattutto precario, frammentato e povero. Lo diciamo da mesi. Bisogna ragionare sul tipo di occupazione che si crea. Recenti dati Istat ci hanno offerto un primo dato positivo, con una piccola e timida ripresa della trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Questo significa che la parte del paese che si è agganciata alla ripresa sta guadagnando fiducia, e scommette sulla qualità dell’occupazione. Ma c’è un’altra faccia della medaglia: ancora oggi la maggior parte dei nuovi rapporti di lavoro sono a tempo determinato o con forme ancora più precarie. C’è una ripresa fortissima dei contratti di somministrazione e del lavoro a ore. Questo intacca la condizione economica delle famiglie e quindi s’incrocia con la questione salariale e con il tema della povertà, assoluta e relativa, che investono il nostro paese”. Accanto ad alcuni dati timidamente positivi, infatti, “ci sono segnali preoccupanti, come la ripresa della disoccupazione, soprattutto di quella giovanile. Le politiche messe in atto finora stanno penalizzando principalmente questa categoria di lavoratori. La ripresa occupazionale è determinata per lo più dalla riforma delle pensioni, che ha visto l’allungamento dell’età pensionabile e ha premiato soprattutto gli over 50. Bisogna invece generare occupazione per i giovani”.

Per fermare la rincorsa al ribasso servono investimenti e qualità del lavoro

Scacchetti mette in campo le proposte avanzate dalla Cgil. “Abbiamo un Piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile sul quale forse varrebbe la pena ragionare come sistema paese. Perché in  Italia – afferma – è in atto un circolo non virtuoso, per cui la bassa qualità delle proposte contrattuali genera e autoalimenta un circuito che è fatto anche di basse competenze e incapacità delle imprese nell’investire in ricerca. Per fermare questa rincorsa al ribasso bisogna mettere al centro gli investimenti e la qualità dell’occupazione, e vederla come motore di crescita e sviluppo. Solo così si può risolvere la questione salariale e quella della redistribuzione delle ricchezze nel nostro paese”.

Da jobsnews


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