Mentre il dibattito politico è concentrato sulla ricerca dei vizi e della virtù del candidato premier e dei possibili ministri, è opportuno cercare di capire il significato ed il valore dell’accordo di coalizione, pomposamente ribattezzato “contratto di governo”, che dovrebbe indicare i binari lungo i quali si svilupperà l’azione politica del futuro governo, se mai nascerà.
Abbiamo visto che, tramontate le riforme che imponevano una torsione maggioritaria al sistema politico per la loro ingestibilità e illegittimità costituzionale, il ritorno ad un sistema (quasi) proporzionale imponeva alle principali forze politiche di abbandonare ogni pretesa di autosufficienza e di piegarsi alla necessità delle coalizioni, fondate sulla mediazione politica fra esigenze, culture ed interessi differenti. Abbiamo anche osservato quanto sia stata insensata la diffamazione del compromesso in politica che nel linguaggio del ceto politico veniva additato con un termine volgare ed intraducibile: inciucio. Però ci sono compromessi e compromessi. Anche la Costituzione italiana è frutto di un compromesso politico fra forze che esprimevano culture ed esigenze politiche profondamente differenti fra di loro, incarnate dalla tradizione liberale, da quella social-comunista e da quella cattolico-popolare. Il confronto che si è svolto nell’Assemblea costituente fra le diverse istanze politiche ha avuto un esito positivo perché ha portato ad una sintesi superiore, in cui i diversi apporti culturali sono sfociati in un risultato armonioso, che ha consentito di superare le differenze.
Questo non è avvenuto in esito all’accordo di coalizione realizzato fra la Lega e i 5 stelle. Nel contratto di governo non c’è nessuna sintesi fra le contrapposte esigenze politiche. L’impressione è che siano state affastellate istanze politiche differenti, giustapposte l’una affianco all’altra. Così a fianco di un percorso volto al rafforzamento dei diritti sociali, con misure che riguardano le pensioni, il reddito di cittadinanza, la sanità, l’acqua pubblica e la tutela dell’ambiente, sono state inserite misure di discriminazione sociale, di disprezzo dei diritti individuali e di imbarbarimento del sistema penale, che ripropongono, senza mediazione alcuna, i contenuti velenosi della propaganda populista della Lega. E’ un po’ come mettere insieme il diavolo e l’acqua santa.
Ha osservato, in una recente intervista Gustavo Zagrebelsky: «Sono colpito dalla superficialità con la quale si trattano i problemi della sicurezza. Dall’ insieme, emerge uno Stato dal volto spietato verso i deboli e “i diversi”: l’ autodifesa “sempre legittima”; la “chiusura”, non si sa come, dei campi Rom; (..) le misure contro l’ immigrazione clandestina con specifiche figure di reato riservate ai migranti clandestini; il trasferimento di fondi dall’ assistenza dei profughi ai rimpatri coattivi. Come ciò sia compatibile con i diritti umani, con la ragionevolezza e l’ uguaglianza, con il rispetto della dignità e del principio di recupero sociale dei condannati, con esplicite e puntuali pronunce della Corte costituzionale, non si saprebbe dire. La “libertà di culto” è trattata come questione di pubblica sicurezza, con riguardo alla religione islamica (controllo dei fondi, registro dei ministri del culto, ecc.)”.
Ma l’elemento che rende inconciliabili queste due facce del programma sono le scelte in materia fiscale. Quando si propone di introdurre una “flat tax” con due aliquote al 15% ed al 20% (attualmente l’aliquota massima è al 43%), non solo si accresce la disuguaglianza, consentendo ai ricchi di diventare più ricchi, ma si saccheggia l’Erario, pregiudicando in maniera irreparabile le politiche sociali pur iscritte nel programma. E’ proprio il capitolo fiscale il punto di crisi che scompagina e fa fallire la mediazione fra le due forze politiche condensata nel contratto di governo
Non si può combinare un’azione di governo che comporta un incremento della spesa pubblica con un drastico taglio delle entrate dell’Erario.
Un antico adagio ci insegna che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
di Domenico Gallo edito dal Quotidiano del Sud