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I Due forni di Salvini. Piano B con Berlusconi

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«Gli accordi un tanto al chilo non fanno per me». I due forni si riaffacciano sulla scena politica. Matteo Salvini è allarmato dallo stallo: l’intesa con Luigi Di Maio che sembrava a portata di mano si allontana, i contrasti invece di essere superati si allargano. Così il segretario della Lega lunedì 14 maggio, dopo aver parlato con Sergio Mattarella al Quirinale sul difficile tentativo di dar vita a un nuovo esecutivo politico, ha indurito i toni verso il M5S.

Punta sempre sul “governo del cambiamento” con i cinquestelle, ma si prepara un’uscita di sicurezza in caso di rottura e di elezioni politiche anticipate, una sorta di Piano B. I due forni ricompaiono su iniziativa di Salvini. A sorpresa ha riaperto i canali di collegamento con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, i tradizionali alleati di centro-destra collocati all’opposizione di un eventuale esecutivo M5S-Lega. Salvini, uscendo dal colloquio con il presidente della Repubblica, ha destato stupore tra i giornalisti dichiarando: «Continuo a far riferimento» alla coalizione di centro-destra, ha precisato di parlare anche «in questa veste, non solo di segretario della Lega». Non a caso ha sempre fatto di tutto per non rompere l’alleanza di centro-destra che ha raccolto il 37% dei voti nelle elezioni del 4 marzo.

I due forni, fino a un mese fa, erano teorizzati e praticati da Di Maio, era la strategia di cercare di fare il governo percorrendo due strade alternative: l’accordo con la Lega o quello con il Pd. Fallito il tentativo con i democratici, ha puntato a realizzare una intesa con i leghisti. Ora è il segretario del Carroccio ad attuare, senza citarla, la linea dei “due forni”: l’intesa con i cinquestelle per il governo, l’accordo con Forza Italia e Fratelli d’Italia per le eventuali elezioni anticipate.

Salvini su vari temi (immigrazione, giustizia, sicurezza, adozioni gay, grandi opere, flat tax) è molto più vicino a Berlusconi che a Di Maio. Non solo. La somma delle popolari promesse elettorali della Lega e del M5S (reddito di cittadinanza, flat tax, abolizione della legge Fornero, nuove assunzioni nelle forze di polizia) ha un costo alto che può arrivare a 70-100 miliardi di euro. Per reperire le necessarie risorse finanziarie si parla di un condono fiscale (che non piace ai grillini) e di «ridiscutere i vincoli europei» per l’euro sulla riduzione del deficit pubblico (l’ipotesi è guardata con preoccupazione da Mattarella).

Salvini ha mostrato di non temere uno scontro con l’Unione europea. Norme sull’euro, immigrati, lavoro, investimenti, agricoltura. Il segretario della Lega si è spinto sull’orlo dello strappo: «O riesco a dare vita a un governo che ridiscute i vincoli esterni con l’Europa oppure è un libro dei sogni». I rapporti con la commissione europea sono diventati roventi. Da Bruxelles la replica è stata immediata: le regole vanno rispettate. Tuttavia Salvini ha gettato altra benzina sul fuoco sui moniti ricevuti sugli immigrati: «Dall’Europa ennesima, inaccettabile interferenza di non eletti».

Anche Di Maio usa toni accesi, da Piano B, da campagna elettorale: «Contro di noi eurocrati non eletti da nessuno». Secondo il capo politico grillino “vanno rivisti” i vincoli europei anti deficit alla base dell’euro, comunque è fiducioso sulla nascita del “governo del cambiamento”.

Le trattative sul governo populista, iniziate il 9 maggio, proseguiranno ad oltranza, l’impegno è di risolvere tutti i contrasti. Sul tavolo c’è anche un problema non marginale: Lega e M5S non sono riusciti ancora a trovare un accordo su chi indicare come presidente del Consiglio al capo dello Stato.

L’obiettivo è di ritornare da Mattarella entro il 21 maggio per far il punto. Il segretario della Lega, dopo il colloquio con il presidente della Repubblica del 14 maggio, ha lasciato aperta ogni ipotesi con i giornalisti: «Ci rivedremo qui o perché si comincia o perché ci si saluta».


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