Una notizia arrivata a ridosso della festa della liberazione, notizia che si paventava nell’aria, come una sorta di condanna a morte. Lo scorso 26 aprile, il comune di Caivano (Na) è stato sciolto per infiltrazioni camorristiche su proposta del ministro dell’interno Marco Minniti, un altro comune che si aggiunge alla black list, dopo Orta di Atella, Crispano, Casavatore e Calvizzano, è toccato anche a Caivano. Per la parte sana ed onesta del paese, questa decisione ha sicuramente destato maggiore fiducia nelle istituzioni e nello Stato italiano, Stato molte volte assente o pervenuto in netto ritardo su situazioni ed andazzi decisamente gravosi. Anche gli ultimi arresti, come il brigadiere della Compagnia di Castello di Cisterna, accusato di riciclaggio aggravato, favoreggiamento ed associazione camorristica, la dicono lunga su quella che può essere definita una vera e propria bomba sociale in atto a Caivano.
Un popolo oppresso non solo dall’egemonia criminale, denominata Parco Verde, dove dall’81 risiedono i terremotati di Napoli, ma soprattutto dall’abbattimento delle vele di Scampia dopo la famosa ‘guerra’ di Secondigliano tra i Di Lauro e gli scissionisti. Sicuramente questo avvenimento ha fatto sì, che una delle piazze di spaccio più grandi del sud Italia diventasse proprio il Parco Verde, da precisare che anche negli ‘alloggi popolari’ vive e lavora la gente onesta e perbene. Senza fronzoli, per chi segue ed ha seguito la politica locale, purtroppo, la criminalità organizzata come una piovra allunga i suoi tentacoli su tutto, quindi la res publica diventa res camorristica, dalla gestione dei rifiuti agli appalti, ogni cosa si ‘deve’ pagare, lì e non solo, così funziona. Dalle ultime indagini portate avanti dalla Dia, in collaborazione con le fiamme gialle ed i carabinieri di Cisterna si è ‘scoperto’ che la ditta appaltatrice per ripristinare il Castello medievale, simbolo del paese, un po’ come il Maschio Angioino per Napoli, era stata costretta ad elargire danaro ai riscossori dell’anti-Stato, ovvero alla camorra, tra clan e capizona che si succedono il paese andrebbe letteralmente militarizzato per riportare e ripristinare quel minimo di normalità.
Lo scioglimento quindi non basta, il lavoro quotidiano delle forze dell’ordine non basta, la sicurezza urbana giorno dopo giorno latita e tarda a ritornare. Anche chi deve raccontare, chi ha deciso di farlo per passione e per lavoro, è costantemente a rischio, i cronisti locali, quei pochi, cercano con fatica e trepidazione di fornire ai lettori le più ialine verità. Ma spesso, gli attori della mala locale, quelli di cui si scrive, si possono incontrare al bar, al pub, in pizzeria, allora qual è il prezzo da pagare per raccontare la verità? Quanto costa portare avanti un’inchiesta giornalistica? I giornalisti precari, i freelance, i non famosi, gli outsider, quelli che non hanno la scorta armata, ma nonostante ciò raccontano il territorio che vivono, fino a che punto devono esporsi per la verità? E’ facile parlare di un ‘sistema’ da lontano, ma è sbagliato allo stesso tempo, perché si parla per sentito dire e non di quello che realmente si conosce. Allora chi va protetto, chi racconta e vive nei territori di camorra per pochi euro, rischiando grosso, oppure chi ‘scortato’ ne parla da chissà dove per contratto?
Chi ha scelto di fare questo lavoro, sono convinto che debba farlo fino in fondo, deve rischiare, deve avere paura, deve anche scappare per poi ritornare, la luce dell’informazione è più forte del buio dell’omertà malavitosa, del resto anche gli occhi dell’uomo, per più di qualche secondo non possono guardare il sole, ecco, noi abbiamo bisogno di quella luce, forte ed accecante, la luce della verità. Sul piano politico, con l’ultimo sindaco, Simone Monopoli, i cronisti erano costretti a raccontare con il patema delle ormai famose querele bavaglio o temerarie, ma l’informazione sana, pulita ha ripagato con galanteria, dal dissesto finanziario alle gare sui rifiuti poco chiare, le penne libere hanno cercato di mettere nero su bianco ciò che qualcuno o qualcosa non voleva. La cittadina esce da tre fallimenti politici, uno dopo l’altro, tutti targati centrodestra, il colore politico poco importa o interessa, tre sindaci che non hanno avuto l’onore di finire il mandato elettorale, per diversi motivi, Giuseppe Papaccioli, Antonio Falco e dulcis in fundo Simone Monopoli. I tempi di risanamento devono essere repentini e solerti, non basta un Commissario ed una Commissione d’Accesso, sicuramente un buon inizio, ma la strada della legalità è ancora dura, lunga ed impervia, Esercito e forze dell’ordine dovrebbero monitorare il paese h24, telecamere posizionate nelle aree più nevralgiche della città, aiuterebbero l’azione di risanamento in maniera decisiva, altrimenti parleremo sempre e solo di corsi e ricorsi storici, insomma di tristi e desolanti déjà vu.
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