È lo storico centro del femminismo romano, diventato in quasi 40 anni di vita una vera e propria “istituzione” per la promozione culturale e sociale del mondo femminile che va ben oltre il panorama della capitale. La Casa Internazionale delle Donne a Trastevere ora rischia però la chiusura a causa proprio di un contenzioso con il Campidoglio guidato da Virginia Raggi che però assicura che non intende ne’ chiudere ne’ sfrattare chi l’ha finora gestita.
Eppure la mozione di una consigliera comunale del M5S, Gemma Guerrini, chiede espressamente al Comune di riappropriarsi del complesso immobiliare del Buon Pastore – occupato nel 1987 dopo lo sfratto dalla precedente sede in via del Governo Vecchio – per metterlo a bando e farlo gestire quindi da altre associazioni. La Casa delle donne – in considerazione delle sue attività di utilità sociale e culturale – ha una Convenzione con il Comune di Roma che data dall’inizio degli anni 2000 e in cui il problema del debito per il canone non interamente pagato dall’associazione è stato più volte affrontato per rendere gli oneri più sostenibili e dilazionati nel tempo. Ma questo modello di collaborazione via via rinnovato dalle giunte di ogni colore politico non è stato rinnovato dalla giunta Raggi, che a fine 2017 ha chiesto il pagamento integrale degli arretrati di 833.512 euro. A fianco delle proteste di molte cittadine e cittadini, anche il Senato ha intrapreso una mobilitazione per trovare una soluzione che non porti alla fine di una realtà socio-culturale fra le più importanti per la città e per il paese: la senatrice di Leu Loredana De Petris ha annunciato “una mozione in Senato a sostegno della Casa delle donne con delle proposte precise”.
A suo fianco anche Stefano Fassina e Francesca Koch, presidente della Casa delle donne, che ha spiegato: “Noi non ci sottraiamo al piano economico ma riteniamo che non sia possibile una soluzione se non accettando anche un confronto di carattere politico: questo è un progetto che da 40 anni è condiviso con il comune di Roma, che ha una storia, anche nell’individuzione del palazzo stesso, dove erano recluse le donne cosiddette devianti, donne che hanno vissuto vite infernali, quasi torturate, anche sessualmente. Allora che il Comune di Roma decida di ‘cambiare’ affidando questo complesso alle donne non è una cosa qualsiasi, è una scelta culturale e politica di grandissimo significato, e non è possibile passare oltre a tutto questo con una semplice messa a bando: gli altri faranno i servizi che fate voi. Non è così e non è pensabile”.
Alla presidente Kock e a tutte le volontarie della Casa delle donne va la piena solidarietà di Articolo 21 che supporterà sempre le loro attività, indispensabili per la tutela e la salvaguardia dei diritti del mondo femminile.