Siamo agli ultimi giorni del PD? Sembra di sì.
Perché ormai il partito regge sempre meno le tensioni divaricanti tra governisti e aventinisti. E se dovesse fallire il compromesso con i 5S, alle nuove elezioni si avrà la scissione. Da una parte il blocco renziano, dall’altra chi non vuole più saperne del rottamatore. Che dopo aver distrutto l’organo del partito, L’Unità, sta lasciando un partito senza organi, perché comunque comanda lui. Se poi le elezioni del Friuli-Venezia-Giulia daranno lo stesso verdetto devastante di quelle nazionali e – ancora peggio – del Molise, è difficile pensare che la spaccatura interna si ridurrà. Anzi.
Martina sa il rischio che corre non solo lui, ma l’intera sinistra. Proprio mentre gran parte del Paese è snervato da povertà, ingiustizie e paure, che Renzi ha cercato fino alla fine di negare parlando solo di eccellenze e ripresine del Pil. Ma forse occorre toccare il fondo per risalire. Forse una decomposizione del PD potrebbe diventare concime fecondo per ripensare e ricostruire una forza impegnata per la giustizia sociale.
Mi auguro che prevalga il risanamento di questo grande partito. Ma se continuasse la cancrena nel PD, meglio amputare che morire.
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